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Bonus edilizi e cessione del credito: di chi è la colpa del blocco? – Lavori Pubblici

Il 2020 sarà sempre ricordato come l’anno del superbonus 110% e
della nascita del meccanismo di cessione del credito. Un binomio
che ha rappresentato l’elettroshock che il comparto delle
costruzioni attendeva da oltre un decennio ma che nel 2022 ha
subito un brutto stop e si è trasformato in un pantano in cui in
tanti rischiano di sprofondare.

Superbonus 110% e cessione del credito: misure in cerca
d’autore

Benché la norma non sia nata sotto una buona stella (i
provvedimenti emergenziali non lo sono mai) e abbia necessitato di
parecchi correttivi prima di essere ritenuta “decente”, è
altrettanto vero che con la Legge n. 234/2021 (Legge di Bilancio
2022), gli articoli 119, 121 e il neonato 122-bis del Decreto Legge
n. 34/2020 (Decreto Rilancio) hanno assunto quella versione
definitiva che sarebbe potuta arrivare a naturale scadenza dei
bonus.

Con l’inserimento delle prime misure antifrode, il Governo prima
e il Parlamento dopo hanno eliminato le perdite rappresentate dalle
possibilità di frodi fiscali sui principali bonus edilizi che non
prevedevano meccanismi di controllo (bonus facciate su tutti). Con
l’intento di dare velocemente stabilità al settore, si è deciso
(correttamente) di eliminare il tempo di conversione in legge del
D.L. n. 157/2021 (Decreto antifrode), riversandone i contenuti
all’interno della Legge n. 234/2021 (Legge di Bilancio 2022).

Tutto estremamente logico nella misura in cui l’intento fosse
stato quello di consentire il pieno utilizzo dei bonus a tutti i
contribuenti, anche quelli privi di capienza fiscale. Non vi è
dubbio, infatti, che la cessione del credito senza limiti avesse
incentivato gli interventi realizzati da imprese e professionisti
con lo sconto in fattura e quindi a favore dei contribuenti privi
di reddito.

Superbonus 110% e cessione del credito: il secondo pacchetto di
misure antifrode

Non è neanche contestabile la misura contenuta prima nel D.L. n.
13/2022 (Decreto Frodi) e poi rimessa nella Legge di conversione
del D.L. n. 4/2022 (Decreto Sostegni-ter), che prevedeva
l’attribuzione di un codice identificativo univoco al credito
inserito sulla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate (si è pensato
a questa soluzione troppo in ritardo!).

Peccato, però, che unitamente al codice identificativo da
gennaio 2022 il Governo abbia pensato di intervenire non sulla
misura fiscale, sugli adempimenti, sui requisiti da rispettare o
sui controlli dei vari Enti coinvolti (Agenzia delle Entrate, Enea
e Sportello Unico Edilizia) ma sulle modalità di fruizione
alternativa con l’inserimento di limitazioni che hanno solo
generato confusione e scarsa fiducia soprattutto di chi il credito
lo deve acquistare.

E se il credito non lo acquista più nessuno le soluzioni sono
solo due:

  • nella prima è il contribuente che paga e poi porta in
    detrazione le spese;
  • nella seconda imprese e professionisti fanno lo sconto in
    fattura e poi portano in detrazione il credito indiretto o provano
    a rivenderlo.

La prima è percorribile solo dai contribuenti che hanno capacità
economica e capienza fiscale (quindi probabilmente soggetti che
avrebbero potuto realizzare gli interventi anche senza il bonus).
La seconda è applicabile solo da soggetti che hanno capienza
fiscale o possibilità di attendere lo sblocco dell’acquisto dei
crediti che verosimilmente dovrebbe arrivare dopo la conversione in
legge del Decreto legge n. 50/2022 (Decreto Aiuti).

Di chi è la responsabilità?

Premesso che prima ancora della responsabilità si dovrebbe
urgentemente trovare una soluzione valida soprattutto per chi da
mesi ha già realizzato i lavori e si ritrova ricco di crediti e
povero di liquidità, sento spesso dire che la colpa è tutta del
Governo che è contro il superbonus 110% e la moneta fiscale nata
dalla cessione del credito infinita.

Non vi è dubbio che il Governo abbia giocato il ruolo da
protagonista come promotore di queste modifiche, occorre però
ricordare che dopo il DL n. 4/2022 (sostegni-ter), che ha
modificato per la prima volta il meccanismo di cessione, sono
arrivate 3 leggi di conversione:

  • la Legge 28 marzo 2022, n. 25 di conversione del
    Sostegni-ter;
  • la Legge 27 aprile 2022, n. 34 di conversione del Decreto-Legge
    1 marzo 2022, n. 17 (Decreto Bollette);
  • la Legge 20 maggio 2022, n. 51 di conversione del Decreto-Legge
    21 marzo 2022, n. 21 (Decreto energia).

Leggi in cui il Parlamento non è riuscito ad incidere perché
puntualmente è arrivato il maxiemendamento del Governo sul quale è
stata votata la fiducia. Entro il 16 luglio si dovrà convertire il
Decreto Legge 17 maggio 2022, n. 50 (Decreto Aiuti) e anche qui la
sensazione è che dopo qualche balletto nelle Commissioni di Camera
e Senato si arriverà ad un altro voto di fiducia.

Cos’è il voto di fiducia e perché il Parlamento non dovrebbe
avere qualche responsabilità? Con la fiducia il Parlamento
legittima l’operato del Governo che, diversamente, si troverebbe ad
esercitare senza l’appoggio della maggioranza. Eventualità a cui
seguirebbero dimissioni e mandato al Presidente della Repubblica
per valutare un nuovo esecutivo oppure andare ad elezione.

Il Parlamento ha avuto più di una possibilità per incidere sul
funzionamento dei bonus edilizi. Si è preferito dare fiducia al
Governo o forse semplicemente non si ha avuto il coraggio per
sfiduciarlo. Perché il nostro è un Paese che negli ultimi anni vive
sul filo dell’emergenza utilizzata come scusa per fare o non fare a
seconda delle esigenze del momento.

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