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Casa ‘amara’ casa per un residente su dieci – Il Friuli

La pandemia e il conseguente distanziamento sociale (alias isolamento domiciliare) a molti ha fatto riscoprire la propria casa, con le sue virtù ma anche con tutti i suoi difetti. E nella maggior parte dei casi, questi non sono soltanto frutto di una impressione personale. Dati alla mano (quelli dell’Istat elaborati dalla Fiera nazionale Saie), in regione un decimo della popolazione vive in abitazioni inadeguate. Non poche, visto che questi fattori, oltre a essere fonte di disagio, possono causare anche patologie, più o meno gravi. Entrando nel dettaglio, oltre 118.600 di cittadini, pari al 9,8% della popolazione residente, vivono in case con problemi strutturali o di umidità. Si tratta di un valore al di sotto della media nazionale (14%), che ci pone al 19° posto in Italia, preceduti soltanto dalla Valle d’Aosta, merito probabilmente del rinnovo del patrimonio residenziale fatto quarant’anni fa nel post terremoto.

Un altro problema cruciale, però, è quello dell’inquinamento acustico, un elemento che inficia direttamente sulla salubrità degli edifici. Sempre secondo gli ultimi dati, in Friuli-Venezia Giulia a vivere in case con rumore dai vicini o dalla strada sono quasi 134.400 cittadini (11,1% della popolazione). In questo caso la nostra regione si colloca nella media, in quanto il dato nazionale è dell’11,9 per cento. Mai come in questo momento ci sono incentivi pubblici per il miglioramento delle case. Non mancano, però, criticità nella loro applicazione, tanto che anche le stesse imprese edili rimangono in alcuni casi caute per non dire fredde. Il più utile secondo gli operatori è il Bonus ristrutturazione (valutato positivamente dal 63%), seguito dall’Ecobonus (62%), dal Superbonus 110% (59%) e dal Sismabonus (56%).

VITTIME INCONSAPEVOLI, PERÒ BASTA SEGUIRE OTTO SEMPLICI REGOLE
Otto semplici regole per difendersi dai nemici domestici. Le consiglia Mario Canciani, esperto di pneumologia e presidente regionale dell’Associazione Medici per l’Ambiente (Isde). “Alcuni anni fa – ricorda – abbiamo realizzato a Udine una ricerca europea per mettere a confronto la salubrità delle scuole di sei diversi Paesi. Ebbene, è emerso che quelle friulane fossero le peggiori. I maggiori responsabili sono il traffico, ce n’è più a Udine che a Stoccolma nonostante abbia dieci volte la popolazione, e la mancanza di ricambio dell’aria”. Se questo vale nelle scuole, commenta il medico, figuriamoci per le singole abitazioni, dove al cittadino medio manca non solo la coscienza, ma anche la conoscenza delle possibili minacce.

Come i ftalati, sostanze volatile che si trovano in tantissimi prodotti, dai detersivi ai cosmetici, che causano problemi respiratori e ormonali. Oppure le sostanze per rendere ignifughi i divani, oppure quelle che si sprigionano durante la cottura con padelle antiaderenti. Da qui, le otto raccomandazioni ricordate da Canciani: in casa non superare i 18 gradi di riscaldamento, ventilare bene, non usare umidificatori, dotarsi di aspirapolveri con filtri, per rimuovere lo sporco un panno umido, pulire molto bene i termosifoni, non arredare con moquette, carte da parati o tappeti e, infine, mai fumare in casa.

SIAMO STATI POCO LUNGIMIRANTI, MA IL VERO PROBLEMA SONO I CONDOMINI
Gli incentivi statali per la riqualificazione delle abitazioni, in particolare l’introduzione del Superbonus 110%, ha sollevato un tema per troppo tempo preso sottogamba: quello del recupero degli edifici costruiti negli Anni ’60 e ’70. “Se fossimo stati lungimiranti – commenta Vittorio Pierini, presidente dell’Ordine degli architetti di Pordenone – avremmo dovuto sapere che le case realizzati a quell’epoca, dopo 30-40 anni, non sarebbero state più adeguate. Non è solo questione di vetustà, ma anche di uno sviluppo tecnologico che nel frattempo ha corso”. Gli interventi non sono tutti semplici, anzi. Per Pierini le migliorie sostanziali sono relativamente semplici da realizzare sulle abitazioni unifamiliari.

Più complesso è mettere mano agli edifici pubblici, ma almeno in diversi casi si può abbattere e riedificare. “Il tema più spinoso, invece, è quello dei condomini – continua – perché il frazionamento della proprietà rende complesso qualsiasi intervento”. All’estero è più frequente vedere demolire e ricostruire un condominio, ma accade in Paesi in cui la modalità abitativa è soprattutto in affitto e quindi la proprietà dell’intero edificio è spesso unica. “Non dobbiamo credere che la riqualificazione degli edifici si possa risolvere con un cappotto – conclude Pierini – il riuso degli edifici, specialmente quelli a ridosso dei centri storici, deve essere inserito in un tema progettuale molto più ampio che consenta alle nostre città di essere architettonicamente gradevoli”.

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