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I tanti problemi del superbonus – Il Post

Quando i giornalisti gli hanno chiesto del superbonus, durante la conferenza stampa di fine anno, il presidente Mario Draghi sembrava non aspettasse altro. In meno di tre minuti, con grande chiarezza, ha spiegato perché nelle discussioni sulla legge di Bilancio il governo aveva proposto di correggere l’agevolazione fiscale per gli interventi di ristrutturazione che migliorano l’efficienza energetica di case e condomini. I problemi principali indicati da Draghi sono due, piuttosto difficili da obiettare: il superbonus ha causato uno straordinario aumento dei prezzi dei materiali edili e incentivato le frodi. «Erano buoni motivi per [spiegare] la riluttanza del governo a estendere il superbonus», ha detto Draghi.

Il superbonus 110% è stato introdotto nel 2020 dal secondo governo Conte, sostenuto dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle. Con questa misura il governo si è impegnato a rimborsare, e anzi a corrispondere un piccolo sovrapprezzo, per una fascia molto ampia di lavori di ristrutturazione degli edifici residenziali. Sulla carta la misura aveva diversi obiettivi, tra cui: dare la possibilità ai cittadini di ristrutturare casa gratuitamente; ridurre il costo delle bollette e aumentare il valore delle case; incentivare il settore delle costruzioni, ma anche sostenere l’occupazione e rendere le case più calde in inverno e più fresche d’estate, garantendo un risparmio per le famiglie e meno emissioni nell’atmosfera.

Per fare tutto questo, però, lo Stato ha speso tantissimi soldi pubblici. Troppi, secondo molti esperti: gli ultimi dati dell’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, dicono che al 31 dicembre 2021 sono stati ammessi 16,2 miliardi di euro di investimenti legati al superbonus, di cui 4,3 miliardi di euro soltanto nell’ultimo mese, quando ormai era diventato chiaro che il governo Draghi l’avrebbe quantomeno riformulato. Lo Stato prevede di investire in totale 31,77 miliardi di euro fino al 2026.

Il governo aveva proposto alcune modifiche, come l’esclusione delle villette e l’introduzione di una soglia di accesso alle famiglie con un ISEE (l’indicatore che serve a inquadrare il reddito delle famiglie) fino a 25mila euro, per aiutare soltanto le persone con un reddito medio basso.

La richiesta non è stata accolta, e il superbonus è stato a malapena ritoccato: l’agevolazione, in scadenza alla fine del 2021, è stata prorogata fino al 31 dicembre del 2022 per chi concluderà almeno il 30 per cento dei lavori entro giugno. Per i condomini, inoltre, il superbonus rimarrà al 110% fino a tutto il 2023, poi calerà al 70% nel 2024 e si fermerà al 65% nel 2025. Il Parlamento – su tutti il Movimento 5 Stelle, il partito di maggioranza relativa, che ha spinto molto per rinnovare il superbonus senza modifiche – ha deciso insomma di estendere la generosa agevolazione senza modificare le regole che hanno causato molti “effetti distorsivi”, come sono stati definiti da Draghi.

Il presidente del Consiglio ne ha elencati solo due, i più evidenti, ma da tempo esperti di economia e addetti ai lavori ne avevano individuati anche altri che nei prossimi mesi o perfino anni potrebbero avere conseguenze sul mercato dell’edilizia e sul lavoro: oltre a costare moltissimo allo Stato, il superbonus è considerato poco equo perché favorisce le fasce benestanti della popolazione, sembra portare benefici limitati in termini di emissioni risparmiate, ha drogato il mercato e favorito la nascita di molte piccole aziende edili spesso improvvisate, con rischi non trascurabili per la sicurezza sul lavoro.

Il primo e più marcato effetto distorsivo è stato lo straordinario aumento dei prezzi dei materiali edili. Dall’inizio di maggio, con la ripresa dei cantieri dopo le chiusure dovute all’epidemia e in seguito unita all’andamento dei prezzi in tutto il mondo, il superbonus ha contribuito a far aumentare la domanda di legno, acciaio, cemento, ponteggi. Con poco materiale disponibile sul mercato, il prezzo si è alzato rapidamente: il risultato è che ristrutturare una casa non è mai costato così tanto. Lo confermano anche i dati dell’ISTAT.

Ma l’aumento dei prezzi, indicato da Draghi come un problema, non sembra preoccupare più di tanto i contribuenti e le imprese. Il motivo di questo disinteresse è molto semplice: con un’agevolazione che copre totalmente le spese, non c’è più trattativa tra chi commissiona i lavori e chi li esegue.

Famiglie e imprese non hanno alcun motivo di trattare sui prezzi o di scegliere il preventivo più conveniente perché lo Stato paga tutto e anche di più. «L’eccessiva generosità rende lo schema inefficiente, dal momento che, eliminando ogni conflitto di interesse tra proprietari di immobili e imprese edili, induce un aumento del costo del risparmio energetico», ha spiegato Giuseppe Pisauro, economista e presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio.

C’è poi la questione delle frodi. Nel 2021 l’Agenzia delle Entrate ha bloccato quattro miliardi di crediti legati ai bonus edilizi, tra cui il superbonus. È solo il risultato dei primi accertamenti, a cui vanno aggiunte le indagini della Guardia di Finanza che hanno ricostruito complessi sistemi con cui professionisti e aziende hanno ottenuto crediti per fatture false. Secondo il Sole 24 Ore, che ha spiegato il modello delle frodi, le agevolazioni hanno attirato l’attenzione di società riconducibili a persone legate alla camorra e alla ‘ndrangheta, che acquistano crediti di imposta per riciclare soldi sporchi.

Oltre all’aumento dei prezzi e alle frodi, uno dei problemi più rilevanti del superbonus riguarda i beneficiari delle agevolazioni, cioè chi ottiene concretamente la possibilità di usufruire di tutti questi soldi pubblici. Le analisi sui risultati delle detrazioni precedenti al superbonus, come il bonus ristrutturazioni al 50 per cento, mostravano che queste misure sono in generale poco eque: più della metà dei soldi pubblici investiti per le detrazioni andavano al 15 per cento più ricco dei contribuenti. Dai primi dati, sembra che la distribuzione per il superbonus sia molto simile.

La sproporzione si nota anche nei primi dati relativi al tipo di case ristrutturate: a maggio 2021, su oltre 1,3 miliardi di euro di detrazioni, oltre due terzi sono andati a immobili di categoria catastale A1 (abitazione di tipo signorile), A2 (abitazione di tipo civile) o A7 (villini): non esattamente il tipo di abitazione in cui vivono le fasce meno ricche della popolazione. «Gli effetti distributivi della misura sono chiari e per questo il governo aveva proposto di mettere un tetto ISEE di accesso fino a 25mila euro», spiega Francesco Figari, docente di Scienza delle Finanze all’Università dell’Insubria.

Con una concentrazione degli interventi nelle categorie catastali più elevate e l’aumento generale dei prezzi, il rischio è che il beneficio in termini di efficientamento energetico sia inferiore rispetto ai costi sostenuti. Detto in altre parole: gli edifici interessati dalla misura non sono poi tantissimi. Finora il superbonus è servito a rendere più sostenibile meno dell’1 per cento delle case e dei condomini.

Figari sostiene che con queste modalità il reale beneficio in termini di efficienza energetica sarà assai limitato, a fronte dei costi che continuano ad aumentare: «Stiamo parlando di oltre 31 miliardi fino al 2026. Bisognerebbe chiedersi se questo è il miglior uso alternativo possibile di queste risorse economiche. Al momento è un beneficio privato interamente pagato dal pubblico».

(Joshua Mancini/Unsplash)

Sarebbe utile anche capire quali siano gli effetti del superbonus sul settore dell’edilizia, che ha ricevuto un sostegno significativo dalle agevolazioni. Malgrado la spinta sia innegabile – basta provare a chiedere un preventivo per rendersi conto di quanto le aziende siano impegnate da qui ai prossimi mesi – ci sono comunque molti problemi e conseguenze sottovalutate.

Il settore delle costruzioni è arrivato al superbonus dopo anni di crisi in cui erano stati persi addetti e professionalità. Negli ultimi mesi c’è stata una corsa a trovare nuovi lavoratori da assumere in fretta per rispondere alle richieste dei clienti. Sono nate moltissime piccole aziende, spesso improvvisate, formate da un datore di lavoro e da uno o due dipendenti, con l’obiettivo di non lasciarsi scappare questa opportunità di guadagno. «Come sempre, quando c’è fretta, non viene considerato a sufficienza il grado di preparazione e di esperienza dei nuovi lavoratori», spiega Federico Bellono, segretario della Cgil di Torino con delega a salute e sicurezza. Negli ultimi mesi a Torino, come in altre città italiane, ci sono stati molti incidenti nei cantieri. Uno degli ultimi ha causato la morte di tre operai che stavano montando una gru.

Anche i tempi ristretti per ottenere le agevolazioni, sebbene poi siano stati allungati dal Parlamento, hanno contribuito all’aumento dei rischi. Secondo Bellono, il superbonus ha aggravato alcuni effetti negativi già evidenti nel settore: il ricorso ai subappalti, la formazione scarsa, gli investimenti limitati per la sicurezza sul lavoro, i controlli insufficienti. «Man mano che si scenda in un’ipotetica piramide formata da appalti e subappalti, tutto diventa meno controllabile e meno controllato», dice. «Con la fretta, tutto peggiora e il rischio di incidenti sul lavoro aumenta».

Anche uno dei vantaggi più sottolineati per l’occupazione, l’emersione del lavoro nero, è poco sostenibile: a nessuna azienda conviene far lavorare in nero i dipendenti, perché tutte le spese sono sostenute dallo Stato. Ma con agevolazioni al 110% anche questo beneficio, probabilmente, è superato dai costi ingentissimi.

Source: ilpost.it

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