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​L’Europa ha alzato l’asticella energetica: ecco gli obiettivi italiani – L’HuffPost

Con RePowerEu l’Unione europea accelera la corsa a rendersi indipendenti dall’import di combustibili fossili dalla Russia alzando l’obiettivo: 45% di energia da fonti rinnovabili al 2030. L’Italia ce la farà? Proviamo a incrociare i numeri attuali e quelli a cui il governo punta per capire cosa succederà nei prossimi anni. 

Oggi la situazione è questa. Importiamo ogni anno dalla Russia circa 29 miliardi di metri cubi di gas, quasi il 40% del totale, e nel 2021 abbiamo sborsato quasi 10 miliardi di euro. Non va meglio per gli altri combustibili fossili. Abbiamo una dipendenza da Mosca del 49,8% per il carbone, del 17,4% per il petrolio. Siamo il secondo Paese come livello di dipendenza, dopo la Germani che è a oltre il 60%.

La strategia del governo

Grazie a “un’operazione estremamente anticipata e rapida ”, ha detto in Parlamento il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, “entro la primavera inoltrata circa 15-16 miliardi di metri cubi saranno rimpiazzati da altri fornitori. Stiamo lavorando con impianti nuovi, rigassificazione e contratti a lungo termine, rinforzo delle nostre infrastrutture. Ragionevolmente in 24-30 mesi queste misure dovrebbero consentirci di essere completamente indipendenti”. 

Dunque sostituiremo i combustibili fossili provenienti da Mosca principalmente con combustibili fossili di altra origine? Il primo ministro ha parzialmente corretto il tiro nel corso dell’informativa al Parlamento sulla guerra in Ucraina. Il governo, ha detto Mario Draghi, “continuerà in ogni sforzo” per rendere gli investimenti in rinnovabili “più rapidi, per smontare, per distruggere le barriere burocratiche che impediscono gli investimenti. Il governo si è mosso con la massima determinazione per eliminare i vincoli burocratici che limitano l’espansione delle rinnovabili in Italia. L’energia rinnovabile resta infatti l’unica strada per affrancarci dalle importazioni di combustibili fossili, e per raggiungere un modello di crescita davvero sostenibile”. 

Il capo del governo ha concluso la sua analisi dicendo che “le stime del Governo indicano che potremo renderci indipendenti dal gas russo nel secondo semestre del 2024. I primi effetti di questo processo si vedranno già a fine 2022”. 

Le parole di Draghi sottolineano la necessità di un cambio di rotta energetico per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili che è alla base di una triplice crisi: geopolitica, legata all’instabilità dei rapporti con i paesi produttori; economica, legata alla volatilità dei prezzi dei combustibili fossili; climatica. Ma il percorso da compiere è lungo e le difficoltà sono ancora tutte di fronte a noi.

Nel 2021 l’Italia ha importato il 95% del gas che consuma (circa 73 miliardi di metri cubi): 33,3 miliardi per usi civili, 14,1 per uso industriale, 25,9 per la generazione termoelettrica. La produzione nazionale di gas è ai minimi da sempre, circa 3 miliardi di metri cubi ma il governo ha intenzione di aumentarla utilizzando i giacimenti in funzione. Oltre alla Russia, gli altri maggiori fornitori sono Algeria (27,8% del totale), Azerbaigian (9,5%), Libia (4%) e Norvegia e Olanda con circa il 3%. Il 13% del fabbisogno arriva invece sotto forma di Gnl (gas naturale liquefatto) prevalentemente dal Qatar.

Dall’inizio del conflitto in Ucraina il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi hanno visitato molti Paesi africani e del Medio oriente per rafforzare la cooperazione energetica e incrementare le forniture. Le tappe sono state Algeria, Congo, Angola, Qatar e Mozambico. Nel corso della presentazione del piano strategico di Eni, Descalzi ha assicurato circa 400 miliardi di metri cubi di gas aggiuntivi nel breve e medio termine. L’obiettivo è di reperire da altri Paesi un terzo delle importazioni dalla Russia.

Il rilancio europeo

Anche l’insieme dell’Unione europea ha problemi simili. Nel 2021 l’Ue ha comprato oltre il 40% del gas e il 28% del petrolio dalla Russia. Con il piano RePowerEu presentato mercoledì, Bruxelles affronta dunque una doppia urgenza. Da un lato porre fine alla dipendenza Ue dai combustibili fossili russi che costa agli europei quasi 100 miliardi di euro diversificando l’approvvigionamento di gas, tramite maggiori importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) e gasdotti da fornitori non russi. Dall’altro lato affrontare la crisi climatica riducendo più rapidamente possibile l’uso di combustibili fossili, aumentando l’efficienza energetica, facendo crescere le energie rinnovabili e l’elettrificazione.

La strada scelta da Bruxelles coincide con il percorso della transizione verde definito dal Green Deal: espande gli obiettivi e accelera le tempistiche già contenute nel pacchetto Fit for 55. La semplice sostituzione delle fonti fossili russe con fossili di altra provenienza è considerata una soluzione necessaria ma di breve termine, che non deve pregiudicare le soluzioni di decarbonizzazione o ritardare gli obiettivi climatici.

La Commissione stima i risparmi derivanti dalle sue proposte in 114 miliardi di metri cubi l’anno, il 73% delle importazioni europee dalla Russia. Come? Cambio dei fornitori per il gas, crescita più veloce delle rinnovabili (con target alzato di 5 punti al 45%) e nuovi sforzi nell’efficienza energetica, compreso un aumento dal 9% al 13% dell’obiettivo vincolante nell’ambito del pacchetto “Fit for 55”.

Del totale degli investimenti previsti da qui al 2030 – quasi 300 miliardi di euro, di cui 225 in sovvenzioni e 72 miliardi a fondo perduto – “il 95% andrà a finanziare la transizione energetica europea”, ha assicurato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. L’obiettivo dovrà essere raggiunto attraverso i piani nazionali di rilancio economico nati sulla scia della pandemia da coronavirus. In questo senso, Bruxelles proporrà emendamenti al regolamento con cui è nato il Fondo per la ripresa.

Sulle rinnovabili, Bruxelles dunque indica la strada. Installare nuova capacità rinnovabile diventa “interesse pubblico prevalente”. I tempi del permitting scendono a un massimo di un anno nelle aree speciali designate dai Paesi membri. La Eu Solar Rooftops Initiative (tetti fotovoltaici), prevede di dotare di pannelli tutti gli edifici nuovi: pubblici e commerciali dal 2026, residenziali dal 2029. L’obiettivo è aggiungere 19 TWh di energia entro un anno e 58 TWh entro il 2025 (il doppio di quanto previsto dal Fit for 55). In tutto, la nuova Eu Solar Strategy aumenterà la capacità installata di 600 GW entro il 2030. Sempre in tema di rinnovabili, l’esecutivo comunitario vuole aumentare la produzione di biometano, in modo da risparmiare 35 miliardi di metri cubi di gas da qui al 2030.

Nel breve termine, invece, i tagli alla domanda previsti si basano sul risparmio energetico. La Commissione descrive i cambiamenti comportamentali a breve termine che potrebbero ridurre la domanda di gas e petrolio del 5%: si va da abbassare i riscaldamenti e la temperatura dei boiler a ridurre i limiti di velocità in autostrada, fino al supporto per la micro-mobilità e la mobilità dolce. Gli Stati membri sono inoltre incoraggiati, oltre ad avviare campagne di comunicazione specifiche rivolte a famiglie e industria, a utilizzare misure fiscali per assicurare un maggior risparmio energetico. Ad esempio aliquote Iva ridotte su sistemi di riscaldamento efficienti, isolamento degli edifici, elettrodomestici. Le misure di risparmio potrebbero consentire un calo dei consumi del 15%.

E ancora: RePowerEu dà indicazioni per ampliare la diffusione delle comunità energetiche rinnovabili. Per produrre 35 miliardi di metri cubi di biometano al 2030, riconvertendo gli impianti a biogas, saranno necessari investimenti per 37 miliardi, anche attraverso la Pac. Per sostituire gas naturale, carbone e petrolio nelle industrie e nei settori dei trasporti difficili da decarbonizzare è stato inoltre fissato un obiettivo di 10 milioni di tonnellate di produzione di idrogeno rinnovabile. 

Risparmio energetico, efficienza, sostituzione dei combustibili, elettrificazione e una maggiore diffusione di idrogeno, biogas e biometano da parte dell’industria: è questo il pacchetto che, oltre a ridurre le emissioni di gas serra e rafforzare la sicurezza e la competitività, potrebbe far risparmiare fino a 35 miliardi di metri cubi di gas entro il 2030, oltre a quanto previsto da Fit for 55.

Come eliminare l’import di gas russo

Le indicazioni europee sul ruolo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica sono confermate da un documento pubblicato da un pool di think tank (Ember, E3G, Rap e Bellona) focalizzato sulle strategie che possono permettere ai Paesi Ue di fare a meno entro il 2025 di tutto il gas oggi acquistato dalla Russia. Secondo il briefing intitolato “Eu can stop russian gas imports by 2025”, le importazioni russe di gas possono essere ridotte del 66%, per un totale di 101 miliardi di metri cubi/anno, accelerando la diffusione delle tecnologie pulite e puntando su una crescente elettrificazione dei consumi energetici finali. Poi 51 miliardi di metri cubi di gas potrebbero essere importati da fornitori diversi dalla Russia, utilizzando maggiormente impianti e infrastrutture esistenti. Le misure delineate “permetterebbero all’Ue di ottenere la necessaria diminuzione della domanda di gas fossile senza rallentare il declino della produzione di elettricità da carbone”.

Secondo gli autori del documento, il traguardo di 533 GW di potenza totale eolica e fotovoltaica installata a livello Ue al 2025, previsto dal Fit for 55, potrebbe essere aumentato di 158 GW, arrivando così a 691 GW, per ridurre ulteriori 31 miliardi di metri cubi di gas russo.

Il mix vincente

Secondo il think tank Ecco, grazie al pacchetto europeo Fit for 55 e a una spinta addizionale su rinnovabili ed efficienza energetica, l’Italia riuscirebbe a sostituire in modo strutturale oltre l’80% del fabbisogno di gas russo attraverso energie pulite e a coprire il restante attraverso le infrastrutture esistenti. Il tutto entro il 2025.

Lo studio di Ecco reso disponibile ad aprile critica la strategia del governo italiano perché da un lato non vengono quantificati i contributi di efficienza energetica e dall’altro le opzioni di diversificazione delle forniture di gas al 2025 ammontano a un potenziale di sostituzione di oltre 58 miliardi di metri cubi rispetto ai 29 miliardi di metri cubi di importazioni attuali dalla Russia.

Adesso, con la pubblicazione di RePowerEu, secondo l’analisi “è auspicabile che l’attenzione del Governo italiano e del discorso pubblico si sposti dalla sola ricerca di nuove fonti alternative di gas alle opzioni di strategia energetica allineate al Green Deal. Senza questa visione c’è il rischio che le soluzioni di breve periodo sulla diversificazione delle fonti gas pregiudichino le soluzioni di medio e lungo termine”.

La valutazione del think tank stima un risparmio di 2,3 miliardi di metri cubi dai contributi di efficienza energetica già al 2025, ai quali si possono aggiungere ulteriori misure di efficienza per un risparmio complessivo di 6,9 miliardi di metri cubi. Tale contributo equivale al 24% delle importazioni di gas russo.

L’insieme delle misure di efficienza energetica, dei maggiori contributi delle rinnovabili e del pieno uso delle infrastrutture esistenti permetterebbe di eliminare le importazioni di gas russo al 2025 in modo strutturale.

Crescita delle Fer troppo lenta

Per consolidare gli obiettivi di rinnovabili ed efficienza energetica, l’Italia dovrà però incrementare l’attuale tasso di installazione di generazione elettrica rinnovabile che, al ritmo di 1,5 GW all’anno, vedrebbe gli obiettivi del 2030 raggiunti soltanto nel 2071. Si deve arrivare a non meno di 10 GW all’anno, con un obiettivo di sostituzione di almeno 7,5 miliardi di metri cubi di gas entro il 2025, che corrispondono a circa un quarto delle importazioni italiane di gas dalla Russia.

Anche il Rapporto sulle Fer realizzato dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano sottolinea come il mercato delle rinnovabili abbia un ritmo di crescita decisamente troppo lento. Andando avanti così si arriverà al 2030 a un parco eolico e fotovoltaico di poco superiore ai 50 GW, a fronte di un obiettivo che prevede un installato totale di rinnovabili tra i 125 e i 130 GW.

“Il nodo che strozza il processo sono le autorizzazioni perché c’è l’impegno del settore elettrico d’installare 60 GW di rinnovabili nei prossimi 3 anni per contribuire alla sicurezza energetica dell’Italia investendo 85 miliardi di euro e creando 80.000 nuovi posti di lavoro”, osserva Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura invitando “il governo ad attuare un’azione straordinaria sugli iter autorizzativi insieme alle Regioni”. Un’iniziativa in grado di far “risparmiare 15 miliardi di metri cubi ogni anno, ovvero il 20% del gas importato”.

La forte accelerazione allo sviluppo delle rinnovabili imporrà modifiche nel disegno del mercato elettrico, inclusa la ridefinizione del meccanismo del capacity market, oggi fortemente orientato allo sviluppo di nuova capacità gas. Serva insomma “elaborare una strategia di completa decarbonizzazione del settore elettrico, in linea con gli scenari compatibili con l’1,5 gradi e il net-zero al 2050 dell’Agenzia internazionale per l’energia”.

Più pompe di calore

Tenendo conto che in ambito residenziale, il gas ricopre il 59,5% dell’energia fornita per il riscaldamento, per dare seguito a RePowerEu dice Ecco, “occorrerà rivedere l’intero impianto di incentivi al fine di escludere il gas dagli interventi di ristrutturazione e armonizzare l’entità delle detrazioni valorizzando di più l’efficienza energetica e la decarbonizzazione”. 

Nel percorso di elettrificazione, RePowerEu prevede di raddoppiare le installazioni di pompe di calore previste al 2025, per un risparmio di circa 1 miliardo di metri cubi di gas. Tra l’altro nella produzione di pompe di calore la tecnologia italiana costituisce un’eccellenza a livello europeo e internazionale. Basti pensare che circa il 60% del valore della produzione nazionale, aumentato nel 2021 del 4% rispetto al 2019, viene esportato.

Risorse pubbliche mal distribuite

Ecco analizza infine le azioni sui prezzi. La risposta del governo è stata orientata a distribuire risorse pubbliche in maniera poco selettiva e contradditoria, afferma il think tank. Dalla crisi dei prezzi gas e dall’inizio del conflitto “non vi è ancora alcun provvedimento per imprese e famiglie di agevolazione/incentivazione dell’efficienza e di decarbonizzazione dei processi produttivi. Misure così prorogate nel tempo, che oggi ammontano a oltre 20 miliardi di euro, rischiano di diventare insostenibili e risultano insufficienti a mitigare l’aumento dei prezzi, in particolare per le classi più vulnerabili. Si stima che i contributi per la bolletta elettrica e gas siano di circa 265 euro per una famiglia benestante e 108 euro per una con maggiori difficoltà”.

Le risorse dovrebbero essere indirizzate verso un’estensione del bonus sociale (elettrico e gas) e della capacità di acquisto delle famiglie, ulteriormente aggravata dall’aumento dell’inflazione. Eventuali misure di sostegno per le spese energetiche dovrebbero essere limitate a un volume massimo di energia elettrica e gas, così da non ridurre l’incentivo a ridurre i consumi quando aumentano i prezzi.

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