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Manovra, il settore auto: “Nulla per affrontare transizione ecologica” – Il Fatto Quotidiano

Il settore automotive lamenta l‘assenza di misure adeguate per accompagnare la transizione ecologica, Confcommercio e le pmi bocciano la riforma degli ammortizzatori e le modifiche in senso restrittivo ai contributi per investire in beni strumentali, artigiani e professionisti insieme all’Ance vogliono la proroga del Superbonus senza limite Isee per le villette. La prima giornata di audizioni al Senato sulla manovra è stata una litania di richieste al governo. Intanto, mentre Pd e M5s continuano a litigare sulla scelta del relatore – rinviata alla prossima settimana – il tavolo di maggioranza convocato al Mef su come utilizzare gli 8 miliardi destinati al taglio delle tasse si è aggiornato a lunedì. L’ipotesi di lavoro sarebbe quella di destinare 6 miliardi ai lavoratori e 2 alle imprese. Sul tavolo diverse ipotesi per intervenire sull’Irpef con un focus sul ceto medio, dalla riduzione dell’aliquota del 38% (che però aiuta anche i redditi alti) alla revisione delle detrazioni. Per l’Irap l’idea è quella di fissare una soglia per esonerare le piccole e medie imprese dall’imposta.

Associazioni e sindacati del settore dell’industria dell’auto lamentano la “totale assenza nella legge di Bilancio di misure per affrontare la transizione ecologica ed energetica”, cosa che per la Fiom Cgil “condanna l’industria e i lavoratori dell’automotive ad una crisi drammatica. Il governo italiano è l’unico in Europa a non avere un piano e a non investire risorse nella giusta transizione ambientale e sociale dell’automotive”. Scende in campo anche la Fim Cisl che – avverte – “non assisterà in silenzio al declino di uno dei settori industriali più importanti del nostro Paese e al conseguente impatto negativo sull’occupazione”. Secondo le associazioni “l’Italia vuol fare la transizione della mobilità senza stanziare fondi a sostegno della domanda e dell’offerta”. Ed è “urgente un Piano strategico per evitare gravi danni ambientali, economici e sociali”. I sindacati ricordano le diverse aree di crisi del Paese, come i licenziamenti di Gkn e Gianetti Ruote, l’aumento al ricorso agli ammortizzatori sociali, l’assenza di un piano industriale e la mancanza di forniture che portano “un’incertezza sul futuro dei lavoratori di Stellantis e delle aziende dell’indotto a partire dalla Marelli”, oltre all’incertezza nei comparti metalmeccanici di molte aziende tra cui Bosch di Bari, Vitesco, Denso.

Confartigianato sollecita “la proroga al 2023 del superbonus anche per gli interventi sugli immobili unifamiliari e per i lavori eseguiti dai condòmini nelle singole unità immobiliari” e chiede “sia garantita la detrazione al 110% per gli interventi terminati entro il 31 dicembre 2022, purché al 30 giugno 2022 sia realizzato almeno il 30% dei lavori previsti”. Inoltre ritiene “necessario superare il blocco su sconto in fattura e cessione del credito imposto dal Decreto controlli, introducendo un limite di spesa per interventi al di sotto dei quali non siano obbligatori visto di conformità e asseverazione della congruità della spesa”. L’Associazione dei costruttori edili ovviamente si unisce al coro e invoca l’eliminazione del tetto Isee di 25mila euro per i proprietari di casette unifamiliari. Il Movimento 5 Stelle, grande sostenitore della misura, la appoggia: “Il Superbonus al 110% va assolutamente esteso a tutto il 2022 per le abitazioni unifamiliari, ma riteniamo che sia opportuno accantonare in via definitiva ogni parametro Isee, in quanto le soglie andrebbero a snaturare tutto l’impianto concettuale di questa agevolazione. Ma non solo su questo è necessario intervenire”.

Sulla riforma universalistica degli ammortizzatori sociali, Confcommercio ribadisce la necessità di una revisione: “Va urgentemente ed anzitutto risolta la questione della loro strutturale sostenibilità contributiva da parte delle imprese del terziario di mercato”. Obiettivo che va centrato “anche attraverso riduzioni compensative di altre componenti del cuneo contributivo ed il ricorso allo stesso fondo pluriennale per la riduzione della pressione fiscale”, sottolinea l’associazione.

La Cna dal canto suo si dice “sorpresa negativamente” per il depotenziamento della nuova Sabatini: il ritorno alle sei rate per l’erogazione del contributo “rappresenterebbe un pericoloso passo indietro, compromettendo l’efficacia dello strumento che a fronte di un impegno di risorse pubbliche pari a poco più di 2,8 miliardi di euro, ha sostenuto oltre 33 miliardi di investimenti”. Mentre viene giudicato positivamente l’intervento per ridurre le bollette anche se “lo stanziamento non è sufficiente”.

Source: ilfattoquotidiano.it

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