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Per rilanciare il trasporto pubblico meglio abbattere i costi o aumentare l’efficienza – L’HuffPost

Per rilanciare il trasporto pubblico meglio abbattere i costi o aumentare l’efficienza - L'HuffPost

La notizia del ticket mensile di 9 euro per viaggiare sui mezzi di trasporto locale e regionale introdotto il Germania e l’analoga proposta spagnola hanno suscitato interesse e riaperto un dibattito decennale, quello sull’opportunità di ridurre i prezzi bus e treni per favorirne l’uso. Un’idea con molte ragioni a supporto, a cominciare da quella sociale che ha indotto il Governo di Berlino ad adottare l’abbonamento a tariffa calmierata. L’obiettivo, infatti, è mitigare le conseguenze dei rincari dei costi energetici e sui carburanti generati dal conflitto in Ucraina fornendo ai cittadini una soluzione per spostarsi a basso costo. L’iniziativa, attiva da giugno ad agosto, è finanziata dal Governo federale con un sostegno di 2,5 miliardi di euro a favore delle aziende di trasporto per compensare i minori ricavi dovuti alla tariffa scontata. 

Boom di abbonamenti

Valutare gli effetti del ticket a tariffa ridotta tedesco è ancora prematuro. Certo è il boom degli abbonamenti calmierati che ha raggiunto quota 21 milioni al 30 giugno, portando a oltre 30 i milioni il numero di “mensili” in possesso dei tedeschi. Una crescita esponenziale che, a parte i disagi iniziali per il sovraffollamento sui mezzi, sembra abbia avuto buoni riscontri. Secondo una ricerca di mercato condotta da VDV, l’associazione delle imprese di trasporto tedesche, e dal gestore ferroviario Deutsche Bahn, l’abbonamento a 9 euro è stato utilizzato tutti i giorni dal 53% dei possessori per effettuare commissioni varie, come visite mediche, shopping e altro. Il 39% degli utenti l’ha impiegato per andare al lavoro o a scuola e il 33% per le escursioni, in particolare durante il fine settimana. 

Dalle stime di Deutsche Bahn, inoltre, emerge un incremento del 10-15% dei passeggeri su ferro rispetto ai valori pre pandemici, quindi quando la domanda di treni era alta. Conferme dell’efficacia del provvedimento arriverebbero anche dalla ricerca di Tom-Tom International effettuata per conto dell’agenzia Deutsche Presse Agentur. Lo studio ha rilevato una riduzione sensibile del traffico in 23 delle 26 città tedesche monitorate con conseguente accorciamento dei tempi di percorrenza, come ad Amburgo dove il classico tragitto di mezz’ora è stato effettuato con un risparmio medio di 4,2 minuti.  

I benefici sociali delle tariffe ridotte

L’idea di ridurre il prezzo del ticket, come vedremo, non è nuova e arriva a prevedere l’accesso gratuito sui mezzi. Le ragioni a favore sono molte, cominciando da quella “ideologica”: essendo un servizio pubblico dovrebbe essere gratuito al pari della scuola dell’obbligo. Costi contenuti, inoltre, incentiverebbero l’uso di bus e treni con risvolti a livello sociale: consentire a tutti una mobilità a basso costo permettendo pari accesso ai posti di lavoro, ai servizi e alle attività ricreative. Per alcuni, un buon sistema di trasporto pubblico contribuisce pure a incrementare la qualità della vita in generale, ad esempio con la riduzione del numero delle auto private in circolazione e conseguente calo di traffico, rumore e tempi di percorrenza degli spostamenti, nonché degli incidenti stradali con il suo strascico doloroso di feriti e morti.

I vantaggi per l’ambiente

I benefici maggiori, però, sono quelli ambientali con il drastico taglio delle emissioni inquinanti nocive per la salute nei centri urbani e nelle aree metropolitane. Luoghi dove si registrano la maggior parte degli oltre 400.000 decessi prematuri europei dovuti allo smog nell’Unione Europea, dei quali 60.000 nel nostro Paese dove, secondo l’Ispra, i trasporti sono responsabili delle emissioni del 40,3% degli ossidi di azoto (NOx), dell’11,4% dei composti organici volatili non metanici (Covnm), del 10,1% di polveri sottili (PM10 e PM2,5) e del 18,7% di monossido di carbonio (CO).                                        

Di rilievo è pure il contributo all’abbattimento delle emissioni di gas serra responsabili del riscaldamento globale in corso. Un apporto alla riduzione dovuto alla maggiore efficienza del trasporto collettivo rispetto a quello privato, soprattutto se effettuato con mezzi a basso impatto, come tram, bus elettrici, filobus e metropolitane. 

Il maggiore impiego del TPL, dunque, favorirebbe la riduzione della CO2: il settore trasporti in Europa contribuisce per un quarto al totale dei gas serra rilasciati nel Vecchio Continente. Valore che in Italia, secondo il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (MIMS), raggiunge il 25,2% delle emissioni di gas serra e il 30,7% di quelle di CO2, con il 92,6% attribuibili ai trasporti stradali. Un settore che dal 1990 al 2019 ha registrato aumenti delle emissioni del 3,2% contro un calo del 19% del rilascio di gas serra nazionale. 

Le esperienze passate e presenti

I vantaggi del biglietto ridotto o gratuito sono noti da tempo, tanto da essere stato adottato da diverse realtà. A Portland, negli Stati Uniti, il ticket gratuito per viaggiare nel centro della città è stato introdotto nel 1975 per esser rimosso nel 2012. In Europa è stato proposto soprattutto in centri di piccole dimensioni, come Hasselt in Belgio, Aubagne, Châteauroux e Dunkerque in Francia,  Kiruna in Svezia o Lubben e Templin in Germania. Esperienze per lo più abbandonate dopo periodi più o meno lunghi, sempre per la difficoltà di reperire risorse per sostenere le aziende di trasporto. 

I due esempi più noti dove la gratuità del TPL è attiva sono Tallinn, capitale dell’Estonia, e il Lussemburgo. Nella città affacciata sul Mar Baltico la gratuità del servizio pubblico è realtà per i 450.000 residenti dal 2013. Un provvedimento voluto per consentire alla popolazione povera, in aumento per la crisi finanziaria, di muoversi in libertà e, soprattutto, di trovare lavoro. Gli esiti dell’iniziativa sarebbero positivi con l’aumento dei passeggeri trasporti e la riduzione del traffico, ottenuta anche con altre misure come l’aumento delle tariffe dei parcheggi. Sarebbe favorevole anche il bilancio economico poiché le perdite dovute ai mancati introiti dei biglietti sarebbero compensate dall’aumento dei residenti e, di conseguenza, delle tasse locali. Esiti confortanti che hanno indotto il governo a estendere la soluzione su molte delle linee di autobus nazionali a partire da luglio 2018. 

Più difficile l’analisi del Lussemburgo che ha introdotto la gratuita dal primo marzo 2020, di fatto in coincidenza con la pandemia, rendendo impossibile la valutazione dei risultati ottenuti. I pochi dati resi disponibili da Research Luxembourg mostrano risultati contraddittori, quali l’aumento dei passeggeri dei bus (+25%), la riduzione di quelli sui treni (-39%) e un incremento, seppur modesto, delle auto su strada (+2%). L’iniziativa ha richiesto un investimento annuo di 3 miliardi di euro ed è finalizzata a limitare l’uso dell’auto privata, mezzo utilizzato per il 67% degli spostamenti. E responsabile dell’80% delle emissioni di CO2 del Granducato e di buona parte dell’inquinamento, tra i più alti d’Europa. 

Il ruolo dell’efficienza dei trasporti

L’idea di calmierare i prezzi dei biglietti non è condivisa da tutti, in particolare per le alte spese necessarie per sostenere le aziende di trasporto dalla riduzione delle entrate generate dalla vendita di abbonamenti e biglietti. Costi che, per la Germania, ammonterebbero a 10 miliardi di euro se l’operazione “9 euro” fosse estesa a tutto l’anno. E arriverebbe, secondo un’analisi del partito Die Linke, a 15-18 miliardi se si scegliesse la gratuità. Risorse da recuperare con la fiscalità generale penalizzando chi non usa i mezzi collettivi, comprese le persone che vanno al lavoro a piedi o in bici.

I dubbi maggiori, però, riguardano l’efficacia del provvedimento. Per alcuni studiosi il basso costo del biglietto non è fattore motivazionale trainante per la scelta di viaggiare con i mezzi pubblici. Anzi, potrebbe essere controproducente poiché la minore disponibilità finanziaria potrebbe incidere sulla qualità del servizio rendendo poco appetibili bus e treni. Ad essere più rilevanti sarebbero parametri come la capillarità dell’infrastruttura, la puntualità, la velocità e l’affidabilità del servizio, nonché la frequenza dei passaggi, la disponibilità di mezzi confortevoli e la sicurezza. A incidere sarebbero pure le condizioni economiche dei dipendenti e la presenza di servizi digitali evoluti, come quelli informativi o il ticket elettronico. In altre parole, nella scelta di utilizzo del mezzo collettivo conterebbe più l’efficienza che il prezzo del biglietto. 

Una conferma in tal senso arriva dal paper della Banca d’Italia “Il trasporto pubblico locale: passato, presente e futuro” che indica la scarsa quantità e qualità dell’offerta di TPL nel Mezzogiorno come motivazione della minore domanda del servizio da parte dei cittadini. In modo analogo, secondo un rapporto di Asstra, le aziende che hanno sofferto meno la crisi dovuta alla pandemia sono quelle che hanno effettuato maggiori investimenti in passato e quelle con certificazioni di qualità e ambientali.  

Le soluzioni di compromesso

La preferenza tra il trasporto sociale a basso costo e uno efficiente a prezzi adeguati è, di fatto, una scelta politica. Secondo uno studio del National Center for Transportation Research il ticket free “potrebbe essere consigliabile per piccoli sistemi di trasporto in comunità sostanzialmente omogenee, mentre è probabile che rendere gratuito il trasporto pubblico non sarebbe appropriato per sistemi più grandi”. Tra le due visioni, però, esistono dei compromessi come concedere la gratuità ad alcune categorie, come studenti e persone in disagio economico. Soluzioni diffuse anche in Italia, come in Emilia-Romagna dove i ragazzi fino a 14 anni viaggiano gratis su bus e treni regionali o a Milano dove i disoccupati possono richiedere abbonamenti agevolati a 50 euro all’anno. 

Altre iniziative sono generate dal reperimento di fondi, come a Catania dove ad aprile è partita l’iniziativa “Catania Tu-Go”. Si tratta di un abbonamento di 20 euro all’anno per viaggiare liberamente su autobus e metropolitana e usufruire dei parcheggi scambiatori. Una proposta resa possibile dall’impiego di fondi comunitari e, probabilmente, destinata ad avere un termine con l’esaurimento delle risorse di 7,5 milioni. Il numero di abbonamenti agevolati, inoltre, è limitato a 8.000 unità con diritto di prelazione a chi era abbonato nel 2021. 

Da ricordare sono anche la disponibilità di bonus una tantum per ridurre il costo degli abbonamenti, come il contributo di 60 euro previsto dal Decreto Aiuti per chi ha redditi inferiori ai 35.000 euro, e una politica di tariffazione che non riversa tutti i costi di gestione sugli utenti. In media, infatti, il prezzo del biglietto copre il 60-70% dei costi effettivi con il restante a carico della collettività. 

La gratuità a fasce orarie di Genova

Un efficace compromesso è stato applicato a Genova, prima città italiana a introdurre la formula free con la sperimentazione avviata nel dicembre 2021 e con termine fissato a marzo 2022, ma poi prorogato fino al 31 luglio. La proposta è di rendere libero l’accesso agli impianti verticali (ascensori, funicolari e cremagliera) e sulla metro, ma solo nelle fasce orarie 10-16 e 20-22. Scelta che ha ottenuto risultati confortanti. 

A fronte di circa 600.000 euro stanziati si sono registrati (i dati si riferiscono a marzo 2022) incrementi del 33,4% nell’utilizzo degli impianti verticali e del 18% della metro durante le fasce di gratuità, pari a 36.000 passeggeri in più, dei quali il 25% hanno modificato le proprie abitudini di viaggio per fruire dell’esenzione della convalida. Inoltre il 26% dei passeggeri con abitudini nuove di spostamento sono ex automobilisti, fattore che ha consentito di eliminare oltre 3.000 tragitti in auto ogni settimana di marzo a tutto vantaggio della qualità dell’aria. Dati che potrebbero ulteriormente migliorare con i programmi di potenziamento del trasporto, come il prolungamento linea della metropolitana e la sostituzione flotta dei mezzi AMT con mezzi elettrici entro il 2025. 

La situazione del TPL in Italia

A orientare la scelta verso la gratuità o gli investimenti sui servizi è la situazione contingente. In Germania la riduzione dell’abbonamento è stata resa possibile anche dall’esistenza di un servizio di qualità che non necessita di risorse per essere migliorato. In Italia la realtà è diversa, con un’offerta di trasporto pubblico spesso carente che necessita di finanziamenti per conquistare nuovi utenti. 

A fornire un quadro della situazione nel Bel Paese è il rapporto “La performance delle imprese di trasporto pubblico locale” realizzato da Intesa SanPaolo con Asstra, l’Associazione Italiana di Trasporto Pubblico Locale che rappresenta 144 aziende: “Nello scenario pre-Covid, il sistema delle aziende di trasporto pubblico locale e regionale impiegava oltre 124.000 addetti. Con circa 49.000 mezzi venivano percorsi oltre 1,8 miliardi di vettura-km annui e 228,6 milioni di treni-km, trasportando più di 5,5 miliardi di passeggeri. Il settore, nel suo complesso, produceva un fatturato di circa 12 miliardi di euro”. 

Lo scenario cambia nel 2020 con un crollo del 58% degli spostamenti con mezzi pubblici e un calo dei passeggeri trasportati di quasi il 47%. Flessione rimasta nel 2021 (-42%) e, secondo le stime di Asstra, proiettata nel 2022 (-21%) e nel 2023 (-12%). Le conseguenze sono perdite per il settore stimate in circa 1,6 miliardi di euro per il 2020 e il 2021 e di “non meno un miliardo” per il 2022, nonché l’incremento del costo unitario per passeggero, passato dai 3 euro del 2019 ai 4,75 euro l’anno successivo, in parte dovuto ai maggiori esborsi per la sanificazione e agli altri interventi riconducibili alla sicurezza sanitaria. 

Per contro, i prezzi dei biglietti sono rimasti invariati con la differenza compensata dal Governo con ristori, ammortizzatori sociali e riduzioni del costo per la trazione (gasolio, metano, energia elettrica, ecc.). Di fatto, è stato effettuato un intervento simile a quello tedesco, ma finalizzato ad evitare l’aumento delle tariffe. A riportare la crisi nel comparto è arrivato il conflitto in Ucraina con i rincari di gasolio (+27%), metano (+100%) ed elettricità (+126%) a provocare extra costi per 220 milioni di euro nel primo quadrimestre del 2022.

Il Governo punta all’efficienza

Un contesto difficile reso più complicato dalla maggiore arretratezza del nostro comparto rispetto ad altri Paesi europei. Un limite, quest’ultimo, ritenuto prioritario dall’esecutivo rispetto a un’ipotesi di taglio delle tariffe. A confermarlo è il ministro delle Infrastrutture e trasporto sostenibili Enrico Giovannini: “E’ necessario stimolare l’uso del trasporto pubblico, ancora molto basso soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree suburbane e periurbane dove la qualità del servizio è insoddisfacente e c’è una maggiore propensione a ricorrere all’auto privata”. 

Per farlo il Governo prevede bonus sugli abbonamenti e disincentivi all’uso dell’auto, la creazione di piattaforme digitali per facilitare la pianificazione degli spostamenti e la scelta dei mezzi a basso impatto ambientale, soprattutto elettrici, in grado di migliorare la qualità dell’aria nelle città. L’obiettivo, dichiarato nel Rapporto “Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile”, è rendere il sistema di mobilità locale più accessibile, efficiente e sostenibile arrivando al 2030 con una crescita del 10% dell’utenza, un calo del tasso di motorizzazione e la riduzione della congestione nelle principali aree urbane. Prevista pure la diffusione dell’approccio Mobility as a Service (MaaS), ossia della mobilità come servizio dove si sfrutta la tecnologia digitale per consentire agli utenti di scegliere il mezzo più adatto ed economico per uno spostamento tra quelli disponibili, siano essi il trasporto pubblico, lo sharing o i servizi di noleggio.

Finalità perseguite con una serie di finanziamenti previsti fino al 2033 del valore di oltre 32,4 miliardi di euro tra risorse nazionali, Pnrr e altri fonti. Cifra che inizialmente sarà impiegata soprattutto a svecchiare il parco veicoli (10,1 anni nel 2021, ma in alcune Regioni supera i 12 anni), tra i più vecchi d’Europa dove la media è di 7 anni. L’intento è arrivare a un’età media di 9,4 anni entro il 2026, anche se le 12.700 nuove immatricolazioni previste non riusciranno a sostituire i 13.586 bus più inquinanti (i pre Euro IV) ancora operativi a marzo 2022. Da notare che le medesime risorse, in base alle stime effettuate in Germania, potrebbero essere utilizzate per rendere gratuito il trasporto per circa due anni. Difficile, però, valutare quale sia la scelta più efficace in termini ambientali e di utilizzo dei mezzi pubblici.

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