

La forma non salva dalla sostanza. È questo, in estrema sintesi,
il principio riaffermato dalla Corte di Cassazione
con l’ordinanza
6 maggio 2025, n. 11842,
pronunciandosi sulla legittimità della richiesta di imposta
aggiuntiva avanzata dall’Amministrazione finanziaria nei confronti
di due contribuenti, a seguito della decadenza dalle
agevolazioni “prima casa”.
Una vicenda che ruota attorno alla figura del contratto a favore
di terzo e alla sua effettiva portata nei rapporti con il
fisco.
Agevolazioni prima casa: benefici e responsabilità dei
terzi
Il contenzioso trae origine da un’operazione di
permuta, con cui una contribuente aveva ceduto un terreno
edificabile a una società immobiliare, ottenendo in cambio due
appartamenti da costruire, da intestare direttamente ai figli. I
due fratelli erano intervenuti nell’atto notarile, avevano
accettato il trasferimento in proprio favore e,
soprattutto, avevano richiesto l’applicazione delle agevolazioni
“prima casa”.
I due avevano quindi alienato gli immobili senza
rispettare il vincolo quinquennale previsto dalla
normativa agevolativa e, senza acquistare un’altra
abitazione principale entro l’anno successivo, condizione
imprescindibile
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