

La Legge di Bilancio 2022 potrebbe essere l’occasione ideale per migliorare il sistema delle detrazioni fiscali del 110% (superbonus) che, nonostante le ultime semplificazioni, necessita ancora di diversi “aggiustamenti”.
Superbonus 110%: i limiti di spesa, ma non solo
Oggi entreremo nel dettaglio dei diversi limiti di spesa connessi soprattutto agli interventi di ecobonus 110%. L’art. 119, comma 1 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) prevede diversi massimali funzione non solo dell’intervento (isolamento termico e sostituzione impianto di riscaldamento) ma anche della tipologia di edificio.
La lettera a) del comma 1 prevede, ad esempio, che l’intervento di isolamento termico possa essere portato in detrazione al 110% nei seguenti limiti di spesa:
euro 50.000 per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno;
euro 40.000 moltiplicati per le prime 8 unità immobiliari che compongono un edificio plurifamiliare più euro 30.000 moltiplicati le successive unità.
Superbonus 110%: la compilazione della CILAS
Lo stesso modello di CILAS, quando si parla nella sezione b) dei dati da dichiarare (opere su parti comuni o modifiche esterne) impone di fare una scelta tra:
b.1 non riguardano parti comuni;
b.2 riguardano le parti comuni di un fabbricato condominiale;
b.3 riguardano sia parti comuni di un fabbricato condominiale sia parti dell’immobile di proprietà di singoli condomini, come risulta dall’allegato “soggetti coinvolti”;
b.4 riguardano parti comuni di un fabbricato con più proprietà, non costituito in condominio, come risulta dall’allegato “soggetti coinvolti”;
b.5 riguardano parti dell’edificio di proprietà comune ma non necessitano di assenso perché, secondo l’art. 1102 c.c., apportano, a spese del titolare, le modificazioni necessarie per il miglior godimento delle parti comuni non alterandone la destinazione e senza impedire agli altri partecipanti di usufruirne secondo il loro diritto.
Nella realtà dei fatti non è semplice, soprattutto se ci sono di mezzo anche opere strutturali. Ne ho parlato in questo articolo su lavoripubblici.it
Domanda – Abbiamo recentemente parlato della condominialità e dei vantaggi che ne derivano. Abbiamo anche detto che bisogna inquadrare correttamente l’edificio, se no sono guai. Per capire meglio, riesce a farci un esempio di edificio che può essere qualificato in diversi modi?
È proprio così. La condominialità offre molti vantaggi e il corretto inquadramento della tipologia di edificio, ai fini del Superbonus, è fondamentale.
Infatti, mentre la legge di Bilancio sta proseguendo la corsa in Senato col suo carico di restrizioni sulle villette unifamiliari, condominialità e Superbonus stanno a poco a poco diventando sinonimi, poiché d’ora in avanti solo i condomini potranno godere in tranquillità delle agevolazioni al 110%. Sì, perché oltre alle villette sono a rischio anche gli edifici plurifamiliari di unico proprietario, per i quali non è per niente scontato riuscire a fare il 60% dei lavori entro il 30 giugno, con il patema dei ritardi legati all’accesso agli atti (tuttora necessario), alle progettazioni, agli appalti e ai materiali.
Quindi un breve ripasso sui condomini può essere utile.
Per la legge italiana si forma un condominio tutte le volte in cui un edificio è composto da più unità immobiliari che presentano parti comuni e che sono di proprietà di almeno due soggetti diversi. Non importa che siano persone fisiche o giuridiche. La condominialità si forma automaticamente e, se c’è, nessuno può sottrarsene e bisogna rispettare le regole giuridiche che si porta dietro.
I condomini possono essere verticali (le classiche palazzine), oppure orizzontali (le case a schiera o in linea, oppure gli aggregati edilizi). Nel caso dei condomini classici, quelli sviluppati in verticale, con unità sovrapposte, il discorso è semplice, perché quasi sempre è possibile individuare le parti comuni descritte all’art. 1117 C.C., come ad esempio le fondazioni e il tetto. È su di esse, ovvero sulle parti comuni, che si devono “spendere” i super incentivi, poiché da esse, nel caso del Sismabonus, deriva la riduzione del rischio sismico.
Più difficile nel caso degli edifici sviluppati in orizzontale, quando le varie unità immobiliari hanno in comune solo un muro divisorio, che non è detto che sia sempre “parte comune”. In tal caso si pone il dubbio se intervenire con un approccio per “singole unità” oppure per “condominio”.
Ancora più difficile quando le unità non presentano uno sviluppo cielo-terra, ma magari sono distribuite in modo casuale (un po’ cielo terra e un po’ sovrapposte), come si faceva in passato negli aggregati edilizi, aprendo e chiudendo porte di collegamento.
Altro caso, ancora più incasinato, è quello dei supercondomini, in cui più palazzine o più edifici plurifamiliari tra loro distinti, condividono spazi comuni o garage.
Ecco, nell’attuale versione di Legge di Bilancio, tutti i casi elencati hanno il Superbonus esteso al 31 dicembre 2023. Gli altri, nella migliore delle ipotesi, arriveranno al 31 dicembre 2022. È per questo che risulta così importante inquadrare correttamente l’edificio che si ha per le mani, come tecnici o come proprietari, poiché è proprio l’inquadramento dell’edificio che permette di definire i massimali spettanti, gli orizzonti temporali e le quote di detrazione dei singoli condomini.
Come dico sempre ogni caso deve esser visto singolarmente. Non esiste una regola fissa, nessuno ancora ha inventato un software che permetta di incasellare automaticamente l’edificio nella giusta categoria.
È il tecnico esperto che deve farlo, analizzando un po’ tutto. Dall’atto di provenienza dell’immobile, ai documenti catastali, all’evoluzione e alla trasformazione costruttiva delle parti che lo compongono.
Bisogna poi tener conto della tipologia di intervento che si deve fare e delle regole fissate dal decreto rilancio. Tutto questo è il Superbonus 110%.
Vediamolo con un esempio, così rispondo alla domanda.
Consideriamo un edificio costituito da due unità immobiliari funzionalmente indipendenti, dotate di accesso autonomo dall’esterno e con impianti separati, come li vuole il comma 1 dell’art. 119. Potrebbe essere quello della figura 1 sottostante.
Si può intervenire per “singole unità”, visto che sono funzionalmente indipendenti, oppure si deve considerare il condominio minimo orizzontale che deriva dall’esistenza di una unità strutturale che li accorpa entrambi? In altre parole prevale l’indipendenza funzionale (art.119 c.1) o la “dipendenza” strutturale (art.119 c.4)? I conti non tornano.
Stando al decreto sembrerebbe che dipende dal tipo di intervento che si deve fare e da chi lo fa per primo.
Fare il Superbonus ECO, infatti, in un caso di questo tipo, è semplice. Ogni proprietario è libero di muoversi per conto suo, il comma 1 dell’art. 119 parla chiaro nel caso di indipendenza funzionale. E così può fare il proprietario dell’unità di destra (U.I. 2 nella figura), che può realizzare il cappotto nella sua parte di edificio. Nella CILAS potrà indicare che le opere “non riguardano parti comuni”.
Proseguo con l’esempio.
Mettiamo che, a lavori in corso, si svegli il proprietario dell’unità di sinistra (U.I. 1 nella figura). Visto che il vicino fa il Superbonus ora vuole farlo anche lui. Però la sua unità, a differenza dell’altra, ha bisogno anche di interventi strutturali, perché deve sostituire o rinforzare, ad esempio, le travi del tetto e le fondazioni. Avrà diritto all’Ecobonus e al Sismabonus.
Chiaramente lui, a differenza del vicino, non potrà operare in autonomia, perché i suoi lavori interessano le parti comuni di una “unità strutturale” che comprende entrambe le abitazioni.
Questa lettura “strutturistica” dell’edificio porta in luce l’esistenza di una condominialità latente che, nell’altro caso, non produceva effetti.
Source: cristianangeli.it
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