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Superbonus 110%, sblocco crediti e ampliamento platea: tutte le novità – QuiFinanza

Superbonus 110%, sblocco crediti e ampliamento platea: tutte le novità - QuiFinanza

“I crediti di imposta incagliati nei cassetti fiscali delle imprese che hanno operato nell’ambito del Superbonus 110% devono essere sbloccati e la platea dei cessionari ampliata, prevedendo la possibilità per banche e società appartenenti a un gruppo bancario di cedere i crediti d’imposta ai propri correntisti corporate rientranti nella definizione europea di PMI, e valutando anche il coinvolgimento di Cassa Depositi e Prestiti e Poste“. Questo – come sottolinea Gianni Pietro Girotto, presidente della Commissione Industria del Senato e a capo del comitato transizione energetica del Movimento 5 Stelle – l’impegno che la 10ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) del Senato chiede al Governo nello schema di risoluzione n. 1205 “Questioni relative alla fruizione degli incentivi per l’efficientamento energetico degli edifici” approvato ieri.

La risoluzione al Senato

La 10ª Commissione permanente impegna il Governo ad adottare, in tempi estremamente celeri, ogni opportuna iniziativa, anche di carattere legislativo, volta a garantire le più ampie possibilità per le imprese del settore di operare nell’ambito degli interventi previsti dal Superbonus 110 per cento, in particolare rendendo funzionale e pienamente utilizzabile il meccanismo della cessione del credito, consentendo così lo sblocco dei crediti d’imposta presenti nei cassetti fiscali delle medesime imprese. Nella risoluzione viene sancito, inoltre, l’impegno ad ampliare la platea dei cessionari, prevedendo, tra l’altro, la possibilità per le banche e le società appartenenti a un gruppo bancario di cedere i crediti d’imposta derivanti ai propri correntisti corporate rientranti nella definizione europea di piccole e medie imprese, di cui al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 18 aprile 2005.

I numeri del Superbonus

Come riportato nel testo della risoluzione, secondo i dati presentati dall’Enea nel suo Rapporto sul Superbonus 110 per cento, al 31 maggio 2022 erano in corso 172.450 interventi edilizi incentivati, per circa 30,6 miliardi di investimenti ammessi a detrazione che porteranno a detrazioni per 33,7 miliardi di euro. Di questi, sono 26.663 i lavori condominiali avviati (65,4 per cento già ultimati), che rappresentano il 48,9 per cento del totale degli investimenti, mentre i lavori negli edifici unifamiliari e nelle unità immobiliari funzionalmente indipendenti sono rispettivamente 91.444 (73,8 per cento già realizzati, che rappresentano il 33,8 per cento del totale investimenti) e 54.338 (76,5 per cento realizzati, che rappresentano il 17,3 per cento degli investimenti). La regione con più lavori avviati è la Lombardia (26.432 edifici per un totale di oltre 5 miliardi di euro di investimenti ammessi a detrazione), seguita dal Veneto (21.555 interventi e 2,9 miliardi di euro d’investimenti) e dal Lazio (15.504 interventi già avviati e 2,8 miliardi di euro di investimenti).

L’allarme della CNA

Il Centro Studi della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA), a maggio 2022, ha pubblicato un’indagine titolata “Le imprese di costruzioni di fronte al blocco del mercato dei crediti d’imposta” in cui viene riportato come l’introduzione del Superbonus 110 per cento aveva garantito una ripresa del settore e della filiera delle costruzioni. Tuttavia, – si legge nella risoluzione – l’indagine riporta che i soggetti ai quali le imprese si rivolgevano per la cessione dei crediti, in particolare gli istituti bancari e Poste Italiane S.p.A., hanno bloccato l’accettazione di nuove domande, oppure hanno limitato l’accettazione alle cosiddette “prime cessioni”, ovvero unicamente da quei soggetti che abbiano sostenuto in maniera diretta i relativi oneri. Tale situazione secondo la CNA ha determinato un valore di cessioni in attesa di accettazione da parte dei cessionari superiore a 5 miliardi di euro: di questi, circa 4 miliardi sono relativi a prime cessioni o sconti in fattura che risultano al momento privi di accettazione. La causa di tale situazione viene individuata nei numerosi interventi normativi che si sono susseguiti sulla disciplina della cessione del credito che hanno comportato per le imprese di costruzioni notevoli difficoltà, con una gravissima crisi di liquidità che sta mettendo a rischio l’intero sistema. Infatti, CNA calcola che i crediti fiscali delle imprese che hanno riconosciuto lo sconto in fattura e che non sono stati monetizzati attraverso una cessione ammontano a quasi 2,6 miliardi di euro, circa il 15 per cento del totale. Sarebbero oltre 60mila le attività che non sono riuscite a cedere crediti e in crisi di liquidità: addirittura, il 48,6 per cento del campione intervistato da CNA sarebbe a rischio di fallimento, mentre il 68,4 per cento prospetta il blocco dei cantieri. Infine, quasi un’impresa su due starebbe pagando in ritardo i fornitori, mentre il 30,6 per cento rinvia il pagamento di tasse e contributi e una su cinque non riesce a pagare i collaboratori. Per questi motivi, la CNA calcola che una simile situazione economica pone a rischio fallimento oltre 33mila imprese ed espone alla perdita di 150mila posti di lavoro.

I dati Istat

In Italia – secondo i dati diffusi dall’ISTAT – ci sono 14 milioni di fabbricati uso residenziale cui corrispondono 35 milioni di unità immobiliari per lo più abitazioni modeste o popolari (32 milioni nelle categorie catastali A2-A3-A4-A7, dati Agenzia delle entrate). La maggior parte di queste sono di proprietà di persone che dichiarano redditi nella fascia sotto i 26mila euro, 78 per cento, il 23 per cento sotto i 10mila euro, rendendo di fatto economicamente impossibile una riqualificazione energetica efficace da parte degli stessi.

Obiettivi della decarbonizzazione

Gli obiettivi sfidanti della decarbonizzazione e della riduzione degli usi finali di energia nel settore residenziale – evidenzia la risoluzione – imporrebbero un tasso di riqualificazione di almeno il 3 per cento all’anno dello stock immobiliare, cioè di 450mila edifici l’anno per almeno 10 anni, rendendosi così fondamentale un piano duraturo e certo per dare ai proprietari e al mondo imprenditoriale congrui tempi di pianificazione e realizzazione.

Source: quifinanza.it

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