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Superbonus con troppi vincoli: rinunciano 9 milioni di famiglie – ilmessaggero.it

In oltre un anno dalla sua nascita e a metà della sua vita potenziale, almeno sulla carta, il Superbonus 110% ha speso meno del 20% della sua dote da 18 miliardi e ha perso l’80% dei suoi seguaci originari per la strada. Troppi paletti e troppe incognite. Un dedalo di adempimenti e requisiti per le agevolazioni fiscali legate al superefficientamento energetico che si infrangono contro la nebbia fitta che avvolge anche tempi e modalità per la cessione del credito, un volano indispensabile per lo stesso Superbonus, in mano alle banche che però devono fare i conti anche con la fragilità di imprese più piccole. È dunque una misura al rallentatore, frenata dalla burocrazia e dall’incertezza quella fotografata dall’ultima analisi di Nomisma.

Così, proprio mentre il mondo dell’edilizia riesce a strappare una promessa dal ministro Enrico Giovannini per la tanto agognata proroga della misura al 2023 – ma in sede di legge di Bilancio – si registra un primo «effetto di rassegnazione e scoraggiamento» da parte delle famiglie, dice Nomisma. «Il quadro attuale mostra un percorso ad ostacoli» in cui crescono gli interventi «ma non con la velocità attesa», spiega l’analisi del 110% Monitor, l’osservatorio trimestrale lanciato da Nomisma e curato da Marco Marcatili, responsabile della sezione Sviluppo e sostenibilità dell’istituto.

Sulle famiglie interessate alla misura pesano, in particolare, «l’incertezza sulle decisioni normative, l’inadeguatezza delle informazioni da parte degli operatori, le difficoltà riscontrate dalle imprese dovute all’aumento dei prezzi e il fatto che abusi anche minimi possono impedire l’avvio delle operazioni».

Superbonus, il calo drastico

In base allo studio dell’istituto di ricerca bolognese emerge chiaramente come «il numero di famiglie potenzialmente interessate a usufruire del Superbonus abbia subito un calo drastico. Erano 10,5 milioni a maggio 2020, si sono ridotte a 9 milioni a giugno 2021. Ma il dato più sorprendente, secondo Marcatali, è che soltanto 2,3 milioni di famiglie stanno in definitiva avviando davvero azioni concrete. Troppo poco. Così come risulta esiguo il numero di cantieri aperti, poco più di 14.450 – per un importo lavori di 1,66 miliardi relativi a 1.380 condomini, di fatto il 10% del totale su tutto il territorio nazionale. Lo stesso osservatorio mostra come ben 9,4 milioni di famiglie non siano del tutto interessate alla misura, mentre altri 4 milioni sono interessate, ma ancora ferme, in stand-by, in attesa di maggiori certezze. A questo si aggiunge che il 40% degli interventi si concentra sulle abitazioni singole. Il risultato? «Da un lato – spiega l’esperto – il Superbonus rischia di inasprire alcune iniquità territoriali, data la concentrazione attuale degli interventi in Lombardia, Veneto, Lazio ed Emilia-Romagna, regioni più equipaggiate per gestire amministrativamente e sul piano realizzativo gli interventi, con conseguente penalizzazione dei territori meno equipaggiati, come Molise, Basilicata, Umbria e Abruzzo».

Dall’altro la misura «rischierebbe di regalare valore immobiliare solo a chi già lo ha».
Eppure, l’ambizione era di dare una svolta netta verso l’efficientamento degli edifici, ma anche una scossa al settore dell’edilizia, e quindi all’economia di tutto il Paese. Considerando il moltiplicatore medio applicato al settore, quei 18 miliardi stanziati dal governo potrebbero avere un impatto sul Pil di almeno 45-50 miliardi. Dunque, servono correttivi per alimentare la fiducia di famiglie e imprese.

In particolare Nomisma avanza alcune proposte: a partire da una operazione sblocca-contratti in attesa della conferma di proroga al 2023, accompagnata dalla certezza sulla cessione del credito, fino all’attenuazione delle distorsioni di mercato, con un controlla-prezzi sulle materie prime, e l’introduzione di aliquote differenziate a seconda dei condomini, che permettano anche ai contesti più “difficili” di usufruirne.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Source: ilmessaggero.it

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