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Bonus e bollette, le proposte dei partiti dopo l’accordo del Mef – Il Sole 24 ORE

I punti chiave

3′ di lettura

«Ho parlato con il presidente Draghi della rottamazione delle cartelle esattoriali: per gli anni 2018 e 2019 fondamentale è la riapertura dei termini per chi non è riuscito a star dietro alle altre rottamazioni a causa del periodo Covid». Parola del leader della Lega, Matteo Salvini, che non a caso ieri parlava così a una platea di commercianti a Pisa. Ma non solo. Salvini ha anche avanzato una “mediazione” sulla questione del superbonus che sembra fatta apposta per innervosire il M5S, che infatti ha già risposto «no grazie» per bocca del capodelegazione Stefano Patuanelli: eliminare sì il tetto Isee sulle villette unifamiliari, come chiedono i pentastellati, ma tramite un abbassamento del superbonus dal 110 all’80 per cento.

A spiegare la ratio della proposta della Lega è il responsabile economico Alberto Bagnai: «In materia di superbonus occorre da una parte razionalizzarne la struttura per dare un quadro normativo stabile, dall’altra considerare un orizzonte temporale più esteso per consentire a utenti e aziende di pianificare gli interventi». E poi c’è naturalmente la questione del caro bollette, per cui la Lega chiede «un ulteriore intervento di almeno tre miliardi».

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Incontri separati e fibrillazioni

L’esempio della disputa Salvini-Patuanelli sul superbonus, su cui tutti i partiti sono concordi nel chiedere un potenziamento, è indicativo del fatto che la larga maggioranza draghiana riesce a litigare anche sulle questioni su cui è d’accordo. Come appunto il superbonus e le misure contro il caro bollette. Figuriamoci sul resto. Anche per questo Mario Draghi ha deciso di ascoltarli tutti separatamente, per blindare la legge di bilancio dopo l’accordo raggiunto al tavolo del Mef sulla destinazione degli 8 miliardi di sgravi fiscali, accordo che sarà ulteriormente blindato il 29 novembre a Palazzo Chigi con i sindacati, convocati per le 19.

Da lunedì sera fino a mercoledì, iniziando dal gruppo di maggioranza relativa in Parlamento ossia il M5s, saliranno dunque a Palazzo Chigi i capidelegazione e i capigruppo di Lega, Forza Italia, Pd e infine i “piccoli” Italia Viva, Leu e Coraggio Italia. L’obiettivo è quello di dare ai partiti il loro giusto riconoscimento mettendo in salvo la manovra finanziaria dalle fibrillazioni dovute alla prossima scadenza dell’elezione dei successore di Sergio Mattarella al Colle.

Divergenze su priorità e ripartizione delle risorse

I margini, indicati dal governo in 600 milioni a disposizione delle Camere, sono molto esigui. Ma naturalmente le ricette dei partiti si moltiplicano. Per il M5s, oltre a più soldi per il caro bollette e alla questione del superbonus da rafforzare, c’è «il nodo del sostegno alle imprese per gli investimenti, dal momento che il Mise ha depotenziato le risorse sulla transizione 4.0», come spiega il plenipotenziario di Giuseppe Conte sull’economia Stefano Buffagni. E se Leu, con il co-relatore alla manovra Vasco Errani, chiede più risorse per la stabilizzazione dei lavoratori della sanità e della scuola, il Pd riapre il capitolo pensioni: «Serve l’accesso all’Ape sociale per gli edili con 30 anni di contributi anziché 36 e per i precoci-gravosi: oltre alla revisione di alcuni requisiti di accesso per i giovani lavoratori – dice il responsabile economico Antonio Misiani -. Vanno inoltre potenziate le misure di accesso al credito attraverso fondo centrale di garanzia, confidi e microfinanza».

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