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Demolizione e ricostruzione: la Cassazione sulla definizione dell’intervento – Lavori Pubblici

Quando si parla le parole hanno sempre un peso. Figuriamoci
quando gli argomenti sono di natura tecnica e coinvolgono normative
edilizie e fiscali. Negli ultimi 12 mesi si è parlato tanto
dell’intervento di demolizione e ricostruzione che, in virtù di
alcune caratteristiche, può rientrare nella definizione di
ristrutturazione edilizia o di nuova costruzione, così come
previsto all’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico
Edilizia).

Demolizione e ricostruzione

Si è parlato tanto di questo intervento soprattutto dopo la
nascita del sismabonus ed in particolare del superbonus 110% che
consentono l’utilizzo di queste detrazioni fiscali solo se
l’intervento di demolizione e ricostruzione rientri nella
definizione di “ristrutturazione edilizia”.

E la lettera d), comma 1, art. 3 del Testo Unico Edilizia che
definisce la ristrutturazione edilizia è più volte cambiata negli
ultimi anni per dar spazio all’intervento di demolizione e
ricostruzione. Dopo le ultime modifiche arrivate dall’art. 10,
comma 1, lettera b), del D.L. n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni)
e dall’art. 28, comma 5-bis, lettera a), del D.L. n. 17/2022
(Decreto Bollette), l’attuale definizione di ristrutturazione
edilizia recita:

“interventi di ristrutturazione edilizia, gli interventi
rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme
sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio
in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi
comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e
l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli
interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli
interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con
diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche
planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per
l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della
normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti
tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può
prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla
legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali,
incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di
rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione
edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di
essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro
ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente
consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili
sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del
paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad
eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi
dell’articolo 142 del medesimo decreto legislativo, nonché, fatte
salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a
quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro
per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste
assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani
urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e
negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e
architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli
interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti
costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove
siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche
planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non
siano previsti incrementi di volumetria”
.

La parte evidenziata prevede di fare molta attenzione alla
preesistenza di vincoli di cui al Codice dei beni culturali perché
in questo caso, fatta esclusione di quelli di cui all’art. 142 del
D.Lgs. n. 42/2004, la demoricostruzione per rientrare nella
definizione di ristrutturazione edilizia deve essere fedele come
sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e
tipologiche dell’edificio preesistente e non può prevedere
ampliamenti volumetrici.

L’ordinanza della Cassazione

Sul tema è molto interessante rilevare l’ordinanza della
Cassazione 6 giugno 2022, n. 18021. Tralasciando il caso di specie,
che tratta anche la validità e il regime temporale da applicare
nelle varie versioni delle norme edilizie, è molto singolare una
parte dell’ordinanza in cui è scritto:

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel
ravvisare una “ricostruzione” quando l’opera di modifica
dell’edificio preesistente si traduce non soltanto nell’esatto
ripristino della costruzione precedente ma anche in qualsiasi
modificazione della volumetria dell’edificio preesistente che ne
comporti un aumento della volumetria.

In questa parte, sostanzialmente la Cassazione ammette un
principio chiave: anche se di tratta di modificare l’edificio
preesistente con un aumento di volumetria, si tratta sempre di “ricostruzione”. E pensando bene le parole, ricostruzione non vuol
dire nuova costruzione, con tutte le conseguenze del caso.

Passare a nuova costruzione significa perdere, infatti,
qualsiasi diritto di accedere alle detrazioni fiscali edilizie
concesse dallo Stato la rigenerazione del patrimonio edilizio
esistente (che nella demoricostruzione dovrebbero trovare il suo
intervento più “significativo”).

Poi però i giudici di Cassazione puntualizzano:

E’ stato chiarito che è ravvisabile la “ricostruzione” nei
casi in cui dell’edificio preesistente siano venute meno le
componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture
orizzontali, la copertura, per evento naturale o per volontaria
demolizione, con aumento della volumetria. Dalla nuova costruzione
va tenuta distinta la ristrutturazione, che si traduce in un
intervento di ripristino dell’edificio preesistente, che riguardi
modificazioni esclusivamente interne, senza alterazioni delle sue
componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture
orizzontali e la copertura.

Ciò che rileva ai fini della distinzione tra nuova
costruzione e ristrutturazione è che non vi sia un aumento di
volumetria o modificazione nella sagoma di ingombro.

E’ vero che nell’indagine da svolgere non è vincolante il
nomen iuris attribuito alle parti dal titolo abitativo ma il
contenuto del titolo è idoneo ad individuare la tipologia
dell’intervento.

Qui, con una vera e propria giravolta, ammette che dalla nuova
costruzione vada tenuta distinta la ristrutturazione, che si
traduce in un intervento di ripristino dell’edificio preesistente,
che riguardi modificazioni esclusivamente interne, senza
alterazioni delle sue componenti essenziali, quali i muri
perimetrali, le strutture orizzontali e la copertura.

Conclusioni

Si potrebbero trarre molte conclusioni sull’incartamento della
normativa edilizia, fiscale e nell’interpretazione spesso biunivoca
dei tribunali. Resta sempre il dubbio che non si vogliano
comprendere gli aspetti principali:

  • la demolizione e ricostruzione è sempre un intervento di
    rigenerazione urbana da incentivare;
  • quello delle eventuali modifiche all’edificio preesistente non
    è un problema edilizio né urbanistico ma riguarda solo e soltanto
    le “possibilità” offerte dal Codice dei beni culturali;
  • se la Soprintendenza autorizza qualsiasi modifica, anche un
    aumento di volumetria, porsi il problema della definizione edilizia
    dimostra scarsissima visione.

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I commenti su questo articolo non dovranno contenere quesiti di natura tecnica.

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