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E pedalar m’è dolce – La Stampa

Ogni anno vengono assemblate due milioni di bici, pari al 70% di tutta la produzione nazionale. Oltre 120 le sedi di impresa e unità locali, anche industrie di grandi dimensioni, ma per la maggior parte, piccole e medie imprese artigiane. Una stima di 750 addetti tra dipendenti e indotto, superano il migliaio con i lavoratori stagionali. Realizzano “pezzi” anche su misura e di qualsiasi tipologia: bambini, giovani, adulti e atleti più esigenti, con prezzi che vanno da 50 a oltre 20 mila euro. Tante le materie prime e le componenti che arrivano dall’estero, in particolare l’Oriente, l’aumento senza freni dei costi energetici e le difficoltà di approvvigionamento hanno segnato gli ultimi due anni tra pandemia e crisi economica, accentuata poi dalla guerra in Ucraina. Eppure, la tecnologia del processo produttivo “Made in Italy”, il bonus mobilità e uno spirito imprenditoriale capace non solo di resistere, ma di aggredire il mercato, ha permesso di chiudere il 2021 con un fatturato complessivo in crescita, superiore a 160 milioni.

La bicicletta italiana “parla” la lingua del Cuneese, dove dal Dopoguerra si è sviluppato uno dei Distretti più importanti, solidi e floridi a livello europeo. Un mondo che riguarda la fabbricazione e il montaggio, il commercio sia all’ingrosso sia al dettaglio, ma anche la riparazione e il noleggio delle bici. Uno dei colossi è la Denver di Dronero, capoluogo della Valle Maira, dove lavorano oltre 300 persone che nel 2021 hanno creato 700 mila biciclette da bambino, adulto e corsa (la capacità è di 4 mila pezzi al giorno), e un fatturato di 118 milioni, venti in più dell’anno precedente. «E nonostante un rallentamento del comparto, per colpa della mancanza sia di materie prime, sia di componenti dalla Cina e l’Est asiatico, le prospettive nei primi tre mesi 2022 indicano un ulteriore aumento del 5% delle vendite – dice Michele Beraudo, 68 anni, contitolare con il fratello Giuseppe -. Il 2021 è stato un anno molto complicato, tra incertezza, raddoppio dei costi di luce e gas, rincari dei materiali, e soprattutto dei trasporti dai noli marittimi: prima della pandemia, pagavamo un container 2 mila euro, oggi più di 15 mila. Difficoltà e grossi ritardi per le consegne: da Shangai siamo arrivati a 60-70 giorni contro i 45 degli anni precedenti». Il risultato economico, tuttavia, è andato oltre le aspettative. «Abbiamo riorganizzato gli spazi e gli stock, sopperito al problema delle batterie al litio per le bici elettriche (130 mila prodotte nel 2021) ed alzato i prezzi del 10% alla clientela, che ha continuato a darci fiducia, con eccellenti riscontri – conclude Beraudo -. Le prospettive per il 2022 sono moderatamente incoraggianti e al momento, non possiamo lamentarci».

Sempre nel Dronerese, altra realtà di prestigio è la Telai Olagnero a San Giuliano di Roccabruna, fondata nel 1972 da Pierangelo Olagnero e oggi guidata dal figlio Vittorio, che dà lavoro a quasi 300 persone e ha chiuso l’anno con un fatturato di 32 milioni. «Le stime del 2022 sono in linea, nonostante le grosse difficoltà che ormai ricordiamo dallo scoppio della pandemia – dice Vittorio -. Sarà un anno fondamentale con un piano industriale destinato a rafforzare la produzione, tutta destinata alla Decathlon di cui siamo fornitore ufficiale». A Roccabruna sarà aumentata la produzione di telai (da 700 mila a un milione) e ridotta quella delle bici (da 1,2 milioni a un milione), ma entro il 2025 Olagnero vuole raggiungere il traguardo di 1,5 milioni di bici. Le 500 mila unità mancanti all’appello, saranno realizzate all’interporto di Rivalta Scrivia a Tortona, nell’Alessandrino, con una fabbrica di assemblaggio e verniciatura. «Il progetto è in fase di sviluppo, lo stiamo completado e credo saremo pronti a partire nei primi tre mesi 2023 – prosegue Vittorio -. A pieno regime daremo lavoro a 200 persone, ma il “cuore pulsante” della Olagnero resterà qui. Aumentare i telai è una scelta obbligata: è solo grazie ai telai se siamo ancora qui».

Sul fronte delle biciclette da alta gamma, e in particolare da corsa, azienda leader a Cuneo la “CBT Italia”, acronimo di Costruzione biciclette Tardivo, che nasce a metà degli Anni ’50 su iniziativa di Giovanni Tardivo, all’epoca grossista e distributore a livello provinciale. Oggi la società, condotta dai figli Bruno e Guido, ha un fatturato di 9 milioni ed esporta il 98% della produzione. «Ottimi risultati, ma il 2021 è stato un po’ falsato dal boom della mobilità green e ora bisognerà stare attenti, ragionando sul futuro in termini prudenziali – osserva Bruno -. Purtroppo continuiamo a essere dipendenti dall’estremo Oriente per le componenti. La congiuntura internazionale ha fatto capire che dobbiamo separarci da una filiera distante 12 mila km. Un processo di più anni, ma ci arriveremo». E a proposito di Made in Cuneo, porta l’esempio della avveniristica bicicletta elettrica che Cbt Italia ha costruito per il Giro-E 2022, cioè il Giro d’Italia che si corre con bici elettriche, iniziato in Sicilia, 18 tappe per 1.025 km, con passaggio a Cuneo venerdì 20 maggio. Si chiama “Artik-09” la road e-bike concepita dall’impresa e che è utilizzata dal team “Free to X”, capitanato da Andrea Tafi, ciclista professionista dal 1988 al 2005, l’unico italiano ad aver vinto la Parigi-Roubaix e il Giro delle Fiandre. «Le e-bike sono una realtà consolidata e in piena espansione – dice Bruno Tardivo -. Il modello nasce da anni di sviluppo, ha un accumulatore brevettato ad alta tecnologia, e un’App per controllare l’erogazione della potenza in base al battito cardiaco e alla pendenza. La batteria è stata interamente progettata e realizzata a Cuneo con tecnologia 3D».

La forza delle idee accomuna anche Officine Mattio, un progetto nato nel capoluogo della Granda da Giovanni Monge Roffarello e che si è concretizzato nel dicembre 2020, grazie a lui e altri quattro soci, tutti grandissimi appassionati di ciclismo. Nello stabilimento in provincia di Cuneo, realizzano biciclette da corsa d’alta gamma in fibra di carbonio e acciaio (oltre mille prodotte al secondo anno d’attività), appoggiandosi per componenti e materiali ad altre imprese artigiane rigorosamente italiane. «Abbiamo una forte vocazione all’export che rappresenta il 90% del fatturato – spiega Roffarello -. Il nostro cliente è un ciclista molto esigente, che ricerca la massima qualità del prodotto, unicità, esclusività, vuole vivere un’esperienza totale. Per questo abbiamo anche una linea di accessori e abbigliamento, ma anche un nostro tour operator che offre la possibilità di vacanze in bicicletta». Un mercato di élite, con modelli personalizzati su misura (uno ha addirittura lo stemma OM in oro e diamanti), alla sede cuneese le “due ruote” vengono ideate, progettate, testate e promosse sul campo. «Ogni dipendente è un prima di tutto un ciclista, il suo lavoro è anche la sua passione – conclude -. Sul futuro siamo ottimisti, anche grazie alla crescente attenzione per l’attività sportiva. La bicicletta è un mezzo che permette di soddisfare l’esigenza di benessere fisico e spirituale, perché con i nostri prodotti curiamo anche l’anima di chi li acquista».

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