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Ripartire dai rifiuti speciali, soltanto il 7,3% finisce in discarica – La Repubblica

La sfida per le nostre aziende è diminuire la quantità di rifiuti speciali ottimizzando i cicli produttivi e l’ecoprogettazione. Anche se non siamo male nel riciclo dal settore industriale, il 20° Rapporto Rifiuti Speciali dell’Ispra sottolinea infatti che ci sono settori, come quello del recupero dai veicoli, in cui siamo sotto la media europea. I dati del rapporto, presentato oggi, si riferiscono al 2019, quindi a una situazione precedente la pandemia, che ha rallentato la produzione industriale, ma sono fondamentali per avere una visione d’insieme del comparto e programmare gli investimenti del settore con il Pnrr. Non solo: il 45,5% dei rifiuti speciali in Italia è costituito da materiali provenienti dal settore delle costruzioni e demolizioni (oltre 70 milioni di tonnellate) e poiché si tratta di un settore che grazie all’ecobonus vede già una ripresa notevole, è prioritario prevedere di dover smaltire in un futuro prossimo quantitativi ancora maggiori.

Il Rapporto attesta che con 10,5 milioni di tonnellate in più prodotte nel 2019, in linea con la crescita del Pil, la produzione di rifiuti speciali in Italia sfiora la cifra di 154 milioni di tonnellate. Si recupera materia dal 69% dei rifiuti avviati a gestione e solo il 7,3% è smaltito in discarica. Il recupero è molto efficiente soprattutto su quelli da demolizione e costruzione, per i quali il 78,1% dell’Italia si attesta sopra l’obiettivo europeo di recupero (70% entro il 2020). Il nostro Paese fa meno bene con i veicoli fuori uso: siamo al di sotto di quanto richiesto dall’Europa in termini di recupero totale del veicolo (84,2% a fronte di un target UE del 95%). In questo settore sarà fondamentale innovare con tecnologie in grado di rendere i prodotti maggiormente riciclabili o facilmente smontabili.

Ancora, tra il 2018 e il 2019 si rileva un aumento nella produzione totale, pari al 7,3%, corrispondente a circa 10,5 milioni di tonnellate. L’incremento registrato è quasi del tutto imputabile ai rifiuti non pericolosi che rappresentano il 93,4% del totale dei rifiuti prodotti; aumentano, infatti, di quasi 10,4 milioni di tonnellate (+7,8%), mentre quelli pericolosi di 110 mila tonnellate (+1,1%). In particolare, i rifiuti non pericolosi prodotti da operazioni di costruzione e demolizione aumentano del 14,2% pari, in termini quantitativi, a 8,5 milioni di tonnellate.

Mount Recyclemore: i rifiuti diventano opera d’arte per il G7

L’analisi dei dati per tipologia di rifiuti speciali pericolosi conferma una delle emergenze segnalate anche in questi giorni al G7 in Cornovaglia, cioè l’accumulo dei rifiuti elettronici. Nel rapporto si evidenzia infatti che il 26,2% della produzione del 2019 è costituito dai rifiuti prodotti dal trattamento dei rifiuti e delle acque reflue, mentre una percentuale pari al 23,2% è rappresentata dai rifiuti non specificati altrimenti nell’Elenco Europeo che comprendono, tra gli altri, i veicoli fuori uso, le apparecchiature elettriche ed elettroniche, le batterie e gli accumulatori. I rifiuti dei processi chimici rappresentano, nel loro insieme, una percentuale pari al 13,2% del totale prodotto, mentre gli oli esauriti e i combustibili liquidi e i rifiuti derivanti dalle operazioni di costruzione e demolizione si attestano, rispettivamente, al 9,6% e 7,8% del totale prodotto; i rifiuti da processi termici e dalla lavorazione superficiale di metalli e plastica si collocano a percentuali pari, rispettivamente, al 5,9% e al 4,9%.

La produzione di rifiuti industriali fotografa il divario economico di un’Italia ancora divisa a metà per quanto riguarda le aziende: la maggior parte dei rifiuti speciali viene infatti dalle regioni del Nord, dove il tessuto industriale è più sviluppato, con 88,6 milioni di tonnellate (57,6% del dato complessivo nazionale). Sempre al Settentrione si trova anche oltre la metà degli impianti di gestione operativi, soprattutto in Lombardia, dove sono localizzate 2.180 infrastrutture, il 20,1% del totale nazionale. Si tratta di un dato che mette in evidenza le difficoltà delle aziende che operano al Meridione, spesso costrette a organizzare trasporti gravosi dal punto di vista ambientale ed economico. Per non parlare del rischio che l’assenza di impianti di riciclo comporta per il dilagare dell’illegalità: la relazione della Direzione antimafia sulle attibvità del primo semestre 2019, aveva dedicato un capitolo specifico a “Mafia e Rifiuti”, nel quale sottolineava che la lunghezza della filiera legale aiuta la criminalità organizzata.

Anche in considerazione della prevenzione e analisi di questi fenomeni il Rapporto Rifiuti Speciali dell’Ispra è uno strumento importante a livello nazionale per avere un quadro di informazioni sulla produzione e gestione dei rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi. Il Rapporto, predisposto dal Centro Nazionale dei rifiuti e dell’economia circolare di Ispra, in collaborazione con il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, esamina infatti oltre 60 indicatori elaborati a livello nazionale, di macroarea geografica e regionale, nonché per attività economica e per tipologia di rifiuto. 

I dati 2019, pur riferendosi alla situazione pre-pandemia servono da base nella programmazione in vista della ripartenza con il Pnrr. “Il Pnrr rappresenta un’ulteriore occasione per migliorare la nostra capacità di recupero dei materiali cercando di incrementare le prestazioni anche energetiche in campo edilizio – sottolinea il Direttore generale dell’Ispra Alessandro Bratti – Occorre potenziare e migliorare l’impiantistica per raggiungere gli obiettivi europei e per proporci sempre di più come leader a livello europeo nell’economia circolare”.

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