

È legittimo sottoporre a vincolo indiretto aree e fabbricati
pertinenziali di un immobile già dichiarato di interesse culturale?
Fino a che punto l’amministrazione può imporre prescrizioni senza
una motivazione puntuale? E può davvero bastare un generico
richiamo alla funzione sanitaria per derogare alle caratteristiche
tipologiche e stilistiche dell’intorno?
Vincolo indiretto e beni culturali: interviene il Consiglio di
Stato
Ha risposto a queste domande il Consiglio di Stato con la
sentenza 28
aprile 2025, n. 3575 che ci consente di approfondire il tema
del vincolo indiretto di cui all’art. 45 del D.Lgs. n. 42/2004
(Codice dei beni culturali e del paesaggio), evidenziandone limiti,
margini discrezionali e obblighi motivazionali per
l’amministrazione.
Appare opportuno ricordare che, ai sensi del citato art. 45
(Prescrizioni di tutela indiretta), il Ministero può stabilire
distanze, misure e regole per proteggere l’integrità, la visuale,
la luce e il decoro dei beni culturali immobili anche rispetto al
contesto circostante. Tali prescrizioni, una volta adottate e
notificate secondo le procedure previste, diventano
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