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Bonus edilizi, frodi da 4 miliardi. Cessione del credito nel mirino – Il Sole 24 ORE

I punti chiave

2′ di lettura

C’è un rapporto di proporzionalità tra il successo del 110% e degli altri bonus edilizi e la crescita vertiginosa dei tentativi di frode bloccati sul nascere dall’agenzia delle Entrate. Quattro miliardi è la cifra resa nota dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, nella conferenza stampa di fine anno. A tanto ammontano le operazioni sospette che il Fisco ha fatto emergere stoppando la cessione del credito o lo sconto in fattura. La curva degli indebiti utilizzi o peggio ancora dell’inesistenza dei crediti si è impennata dopo il decreto Antifrodi (Dl 157), trasposto in uno dei tanti emendamenti approvati alla manovra. Di fatto in poco più di un mese l’aumento è stato del 400% rispetto agli 800 milioni denunciati dal direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini, nell’intervista al Sole 24 Ore del 6 novembre scorso.

Non solo superbonus

Un problema che, come spiegano fonti delle Entrate, non riguarda solo il superbonus del 110% citato da Draghi e che ha spinto i parlamentari M5S a difendere la misura con una nota ufficiale. Ma è trasversale a tutte le agevolazioni introdotte sul fronte immobiliare: dal bonus facciate (risultato tra i più gettonati anche sul fronte delle frodi) al credito d’imposta per gli affitti commerciali. Il vero problema sta tutto nel meccanismo di cessione del credito.

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Proprio per questo è stato necessario stringere le maglie. Al decreto Antifrodi messo in campo dal Governo proprio a fronte di una situazione che poteva sfuggire con crediti non più o almeno difficilmente recuperabili, ha fatto seguito il lavoro dell’amministrazione finanziaria supportato da quello di intelligence della Guardia di Finanza. Così sono stati individuati almeno tre profili di rischio che fanno scattare un alert nei database dell’Agenzia per bloccare le comunicazioni di cessione e le opzioni per lo sconto in fattura e sottoporli ad approdondimenti.

Le condizioni per lo stop

Lo stop può scattare in presenza di mancata o scarsa coerenza e regolarità dei dati indicati rispetto a quelli presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’amministrazione finanziaria. O ancora possibili segnali di anomalie possono derivare dai dati «afferenti» (così spiega il provvedimento dell’Agenzia) ai crediti oggetto di cessione e ai soggetti che intervengono nelle operazioni sempre attingendo al confronto con le informazioni disponibili nei database del fisco. Infine un ulteriore campanello d’allarme è rappresentato dalla ripetitività di operazioni di cessioni da parte degli stessi soggetti. Un recinto entro il quale scattano dei segnali che portano ad approfondire la comunicazione e a collegarla anche con l’affidabilità fiscale dei contribuenti coinvolti.

Una contromossa per cercare di bloccare quelle operazioni seriali in cui però non c’è diritto al credito da cedere. Operazioni che per molte fattispecie sono già oggetto di analisi anche di diverse Procure italiane per riscontrare eventuali violazioni penalmente rilevanti.

Link all’articolo Originale tutti i diritti appartengono alla fonte.

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