Nei mesi scorsi il Governo Conte II ha introdotto una serie di agevolazioni – una su tutte: il Superbonus al 110% – per favorire la ripartenza del settore edile. Queste misure però rischiano di pagare gli effetti di una dinamica economica che va avanti da tempo: il rincaro dei prezzi delle materie prime.

Secondo una recente indagine statistica del Centro studi CNA basata sulle risposte di quasi mille piccole e medie imprese della filiera –  i prezzi in salita vengono segnalati per tutte le materie prime del settore edile da almeno il 70% degli interpellati. La situazione appare critica pure per gli altri comparti del mondo delle costruzioni. Infatti la stessa percentuale di imprese nota un aumento dei prezzi per tutti i materiali che interessano l’installazione degli impianti. Mentre nel settore dei serramenti il 90% degli intervistati rileva incrementi elevati.

I rincari più importanti riguardano i metalli (+20,8%), i materiali termoisolanti (+16%), i materiali per gli impianti (+14,6%) e il legno (+14,3%).

Inoltre dal quadro d’insieme raccolto dal Centro studi CNA emerge che quasi il 70% delle imprese teme una riduzione dell’effetto espansivo delle agevolazioni introdotte, Superbonus incluso. 

Ma non è tutto. “Nella media del campione – si legge nell’indagine statistica per circa il 72% delle imprese l’aumento dei prezzi sarebbe determinato in tutto o in parte da comportamenti speculativi dei fornitori. Per il 33% dei rispondenti, in particolare, gli aumenti sono riconducibili esclusivamente alla speculazione. Per un altro 39,5% però questa contribuirebbe ad aumentare i prezzi congiuntamente alla ripresa della domanda”,

La debolezza italiana

Il rincaro dei prezzi delle materie prime è senz’altro un aspetto delicato che va a gravare sull’intero settore edile. Gli aumenti sono a due o tre cifre osserva Cesare Pozzi, docente di Economia industriale all’Università Luiss di Roma e vanno avanti da mesi e mesi. Si è parlato molto di petrolio e combustibili fossili ma i rincari coinvolgono un numero di materie prime ampio e generalizzato. Si passa dal ferro per arrivare alla soia”. 

Secondo il professore l’impennata è dovuta anche alla enorme liquidità che è stata messa in circolo dalle Banche Centrali. Sono soldi che non vanno all’economia reale ma che rischiano di finanziare le speculazioni”. 

A trarne vantaggio sono anche i paesi esportatori di materie prime.

“In questo quadro andrebbe considerato che un paese come la Cina dotato di una fortissima manifattura potrebbe avere interesse a vedere un aumento dei prezzi negli unici mercati di concorrenza perfetta esistenti. Così migliorano la propria immagine e il proprio posizionamento sui mercati a valle”, sostiene Pozzi.

Il settore delle costruzioni risente quindi di meccanismi dei prezzi internazionali verso cui l’Italia può fare poco perché “da decenni abbiamo problemi con le materie prime. Siamo assenti da questa partita. Il nostro peso politico è basso e la nostra capacità economica ne risente”.

Il professore ricorda poi che il Superbonus e le altre agevolazioni introdotte per aiutare la filiera delle costruzioni andavano accompagnate da interventi più strutturali, che avrebbero permesso di mitigare gli effetti – temporanei o duraturi – dei rincari.

Queste misure avevano bisogno di una prospettiva, di una visione. Le capacità moltiplicative dei bonus si legano a una serie di azioni che devono aiutare le imprese che producono tecnologie sul territorio e favorire tutti quegli investimenti infrastrutturali necessari. Bisognava recuperare la nostra vocazione manifatturiera in maniera sostenibile invece di puntare all’urbanizzazione massiccia delle nostre metropoli. Occorre puntare veramente al recupero e al miglioramento abitativo dei borghi italiani. Ciò dà il senso di cosa si debba intendere per interventi di politica industriale che ci permetterebbero di essere meno dipendenti dagli andamenti internazionali dei prezzi”, conclude Pozzi.