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Partito l’iter in Parlamento della legge di bilancio. Ma sul taglio tasse distanze ancora abissali tra i partiti – Tiscali Notizie

La legge di bilancio inizia l’iter parlamentare in Commissione al Senato. Il ritardo accumulato è pari a circa tre settimane. Poco male se fosse stato assegnato il trofeo più importante di questa “contesa” tutta politica: quali tasse e come andranno a tagliare gli 8 miliardi che il governo ha messo a disposizione alla voce riforma fiscale? Qualcosina a tutti col rischio di scontentare tutti? O molto a qualcuno co rischio di scontare qualcuno? Non è un gioco di parole. Ma qui sta la differenza tra investire quei soldi sulle buste paga di chi è già dipendente di qualcuno o qualcosa (taglio del costo del lavoro) e già o meno ha il lavoro assicurato; o se dare una iniezione potente di taglio delle tasse alle partite  Iva. La prima, sintetizzando, piace al centrosinistra, 5 Stelle compresi, Renzi e Calenda molto decisi: “Taglio dell’Irap, così diamo un segnale chiaro a chi investe e produce e ha più sofferto durante la pandemia”. A Forza Italia piace questa cosa. Lega e Fdi dicono che è troppo poco. E vogliono altro. Cosa di preciso – e realizzabile – non è ancora chiaro,

Comunque, per non smentirsi, la larga maggioranza di salute pubblica, quella che deve supportare Draghi a traghettare il paese fuori dalla pandemia e dalla crisi economica, arriva superdivisa all’appuntamento con la legge più importante dello Stato: la manovra di bilancio.   

Ci vediamo in Parlamento

Non arriva quindi l’accordo sulla manovra. Il segretario dem Enrico Letta aveva proposto un tavolo tra i leader e il premier per mettere al riparo il percorso della legge dal rischio Vietnam in Parlamento. Ma il governo frena sull’idea che in questo processo possa intervenire anche il premier Mario Draghi. Lo stesso Pd fa sapere che si partirà da un confronto tra i capigruppo della maggioranza. Anche perchè le distanze, soprattutto sulle tasse, restano tutte e non sarà semplice trovare una sintesi tra chi vuole un intervento sulle partite Iva (soprattutto il centrodestra) e chi chiede di concentrare gli 8 miliardi della manovra sulle buste paga dei lavoratori dipendenti (il centrosinistra).

Palazzo Chigi osserva, soprattutto ascolta, con massima attenzione quello che fa e dice e non dice il Parlamento. Ma non ha alcuna intenzione di venire meno alla parola data: sarà il Parlamento, nella sua autonomia e in base al sentire politico, decidere cosa fare di quei soldi che il governo ha messo a disposizione. La “camera di compensazione” delle differenti anime della maggioranza finora è sempre stata la cabina di regia con i ministri – allargata ultimamente anche ai responsabili economici dei partiti – e nei mesi scorsi già era stato di fatto declinata la richiesta di Matteo Salvini di aprire tavoli coi leader su altri temi. Resta invece confermato l’incontro con i sindacati confederali a Palazzo Chigi per fare il punto su un altro delicato e controverso tema: quello delle pensioni.

Manovra da 24 miliardi 

Tutti i partiti, comunque, sono in movimento. Antonio Tajani ha riunito ministri, sottosegretari e capigruppo. Il Pd farà stamani (ore 9) una segreteria specifica sulla manovra. Matteo Salvini ne parla anche con Giorgia Meloni. I margini comunque restano molto stretti perchè l’impianto della manovra, ribadiscono dal governo, è quello che Draghi e Franco hanno presentato dopo l’ok del Cdm. Il valore totale è pari a 24 miliardi. Tra gli interventi più importanti: 8 miliardi per il taglio tasse; circa due miliardi per le pensioni post Quota 100 (Quota 102 nel 2022) con la lista delle attività gravose (Ape social) che passano da 15 a 23; un miliardo per rifinanziare il Reddito di cittadinanza (che decade dopo la seconda offerta di lavoro rifiutata); due miliardi circa per l’acquisto dei vaccini; due miliardi per calmierare aumento bollette; un miliardo e mezzo per le opere necessarie. E poi il pacchetto di bonus per la casa: bonus facciate, Superbonus al 110 % e bonus mobili.

Prendendo tempo sulle tasse e assicurando che sarebbe stata coinvolto il Parlamento. Tre miliardi per l’aumento delle indennità dei sindaci, tutti, dai comuni più piccoli alle città metropolitane che saranno equiparati ai presidenti di regione. Il governo ha poi lasciato un tesoretto di 500 milioni per le esigenze del Parlamento. Ovverosia mance e mancette che i vari parlamentari ogni anno versano al proprio territorio in marchette più o meno creative. E’ qui, in questo capitolo, che solitamente fioriscono le novità dell’anno nell’ambito della spesa pubblica. Queste la griglia. Ma il governo ha chiarito che alla fine sarà un emendamento del governo a scrivere come saranno tagliate le tasse, il tema sicuramente più divisivo.

Le richieste dei partiti

Letta ribadisce che è il momento di una “prova di maturità” da parte delle forze politiche e si dice soddisfatto dell’accoglienza della sua proposta da parte degli altri azionisti della maggioranza. Ma sulle tasse, il vero trofeo in palio con la manovra, non si scorgono reali passi avanti. Forza Italia che per prima ha accolto l’appello del segretario dem, alza i suoi paletti e chiede di tagliare l’Irap e di andare avanti con la “flat tax” per il ceto medio. La Lega ha già messo nero su bianco c l’ampliamento della flat tax (da 65 a 100 mila euro di fatturato tassa piatta al 25%) con gli emendamenti al decreto fiscale (in discussione alla Camera) e nei giorni scorsi ha espresso una sua preferenza per la riduzione dell’Irap. Italia Viva sta cambiando idea sul taglio dell’Irap che è stato il suo primo cavallo di battaglia: gli 8 miliardi per il taglio delle tasse in manovra “devono essere visti come il primo tempo di una strategia complessiva di riforma, e non come un intervento isolato”e la decisione di come usarli va presa nell’ambito di un “intervento sistemico” ha spiegato Luigi Marattin che da presidente della commissione Finanze della Camera ha guidato nei mesi scorsi il lunghissimo lavoro parlamentare per preparare la delega fiscale, ora all’esame in commissione. Se non si farà all’interno del perimetro della delega, è il ragionamento, l’intervento sulle tasse rischierà di dividersi non in due (tra Irpef e Irap, come recita il testo della legge di Bilancio), ma in 5-6 “bandierine”, una per ogni partito che sostiene il governo. Il rischio che un accordo preventivo vorrebbe evitare. Il Pd invece, vorrebbe che la riduzione del peso del fisco si concentrasse “sulle tasse sul lavoro”. Come Leu e in larga parte anche il Movimento 5 Stelle che comunque non vedrebbe male anche un intervento sulle partite Iva e chiede da tempo una nuova rottamazione delle cartelle (come Fi e Lega). Andare in aula, o anche solo in Commissione, per trovare la quadra in 45 giorni (tanti ne restano da qui alla fine dell’anno) può diventare un massacro. Il Vietnam appunto. Ecco che per cercare di ridurre le distanze si starebbe valutando anche di mettere attorno a un tavolo (tecnico-politico) al Mef i responsabili economici dei partiti  con l’intento di trovare una intesa da santificare alla fine con un incontro tra i leader.

E intanto il governo governa

In attesa che i partiti decidano cosa fare da grandi (gli 8 miliardi per il taglio tasse sono noti dal 28 ottobre e ancora non è stata trovata una sintesi), palazzo Chigi fa quello che deve sul fronte del Pnrr che, oltre alla lotta alla pandemia, è il secondo obiettivo del governo Draghi. Ieri c’è stata la prima tappa del tour “Italia Domani- Dialoghi sul Piano nazionale di ripresa e resilienza”, ovverosia una serie di incontri itineranti in tutta Italia tra il governo e gli amministratori locali che hanno chiesto, preteso e ottenuto di essere parte attiva della realizzazione dei progetti del Piano. Amministratori che poi sono stati presi dal panico di non farcela per mancanza di mezzi e personale. Per aiutare la necessaria collaborazione tra governo centrale e locale, Draghi ha promesso questi incontri la scorsa settimana parlando ai sindaci in occasione dell’assemblea dell’Anci,  Ieri la prima tappa a Bari. Da una parte il Governo che offre una occasione “storica” ” per il Paese e in particolare per il Mezzogiorno. Dall’altra amministratori pubblici, imprenditori, cittadini e studenti che accettano la “sfida” e sono pronti a fare la propria parte. Il tour andrà avanti fino a marzo 2022.

Il Pnrr in tour per l’Italia

Il tour è partito non a caso dal sud che ha mostrato maggiori difficoltà nella consegna dei progetti. L’inconro è avvenuto al teatro Petruzzoli a Bari. In platea anche quaranta sindaci. Sul palco il ministro per l’Innovazione tecnologica la Transizione digitale, Vittorio Colao e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli che ha in mano il cronoprogramma di tutto il Piano. Complessivamente il Pnrr mette a disposizione 200 miliardi e il 40% di questi sono destinati al Sud con l’obiettivo di eliminare lo storico divario con il Nord e consentire al Paese di crescere con la stessa velocità puntando soprattutto su giovani e donne. Le imprese, ad esempio, dovranno impiegare donne e giovani almeno per il 30% della forza lavoro necessaria.

Focus sulla Puglia 

Alla Puglia sono finora stati destinati due miliardi e 631 milioni di euro del Pnrr. Di questi, due miliardi finanzieranno infrastrutture di trasporto, mobilità sostenibile, rinnovo del parco bus e treni, edilizia residenziale, interventi sui porti e le Zone economiche speciali. E’ incluso anche il sistema di monitoraggio relativo al completamento della linea ferroviaria Napoli-Bari, nell’ambito del progetto dell’Alta Velocità Roma-Bari. Gli altri 631 milioni saranno destinati a potenziare il sistema sanitario regionale attraverso reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina. Occorrerà però essere rapidi ed efficienti perchè le risorse vanno spese entro il 2026. E la macchina amministrativa degli enti locali è in affanno, come competenze più che sui numeri. Basti pensare che i sindaci italiani dovranno amministrare 40 miliardi, una cifra mai vista prima. Aggiustamenti per favorire il lavoro degli enti locali sono in corso da parte del ministro Brunetta  (turn over e assunzioni) e saranno possibili anche nella legge di Bilancio. Il governo sta intanto creando anche le squadre di esperti, i team che saranno assegnati ai vari comuni per progettare, condurre le gare e monitorare la corretta esecuzione dei lavori”.

E il debito pubblico cala. Finalmente

De Caro ha giudicato le semplificazioni già decise e approvate ad esempio sulle gare e sul post gara, “atti rivoluzionari”. Vedremo. L’attesa è molta, la voglia di fare altrettanta. Intanto, sempre a proposito di chi governa e chi discute, il debito pubblico ha invertito la marcia. Dopo aver toccato ad agosto 2.734,3 miliardi di euro è sceso a settembre a 2.706,4 miliardi con un calo di 27,9 miliardi. Lo certifica Banca d’Italia. E sono belle notizie.  

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